IL FATTO QUOTIDIANO (M. PAGANI) - Mauro Bergonzi non vede, non sente, ma parla. Con fischi e cartellini, petto in fuori e ruota da pavone a spasso nei verdi pascoli del suo microcosmo. È arbitro internazionale, il ligure Bergonzi. Poliglotta. Traduce e sanziona un diffusissimo fuck you in Europa League. Conosce le nascoste sfumature della romanità
Le cose cambiano. I tempi e le circostanze personali, incattiviscono. In carriera, Bergonzi ha fatto più di qualche cazzata. La prima, sezionata dallimpietoso grande fratello della moviola domenicale, avvenne a poche ore da un personale choc. Nelle stanze arbitrali atte a concedere il lasciapassare per superare Chiasso, gli fu preferito il collega Rocchi. Ingiustizia che lanima rivoluzionaria di Bergonzi (magliette di Jim Morrison, curiosa tricologia tra il Travolta di Grease e Mal dei Primitives a cui somiglia non poco) trascinò in campo in occasione di Napoli-Juventus. Bergonzi fischiò due rigori al Napoli. Polverone mediatico con squalifica poi dimezzata dellattaccante trattato da simulatore, Zalayeta e ununica vittima, Bergonzi che nellaula di Calciopoli, la raccontò così: Fui sospeso per tre turni e dopo non ho più arbitrato la Juve per tre anni. Verona è niente. Lammonizione del diffidato Castan, un dettaglio. Il rigore su Totti un incidente di percorso. Solo una tempesta, neanche perfetta, per lassicuratore di professione naufrago. Un giorno in Udinese-Lazio vide una squadra fermarsi e laltra proseguire fino a fare gol. Ci si giocava laccesso in Champions League. Miliardi. Era piovuto un fischio dagli spalti, ma come sempre, non era stato lui. In seguito diluviarono denunce e richieste di risarcimento milionarie. Il signor Bonaventura era già lontano. Di nero vestito. Libero di far danni. Allanagrafe, Bergonzi Mauro.