Arbitrare non è obbligatorio

18/12/2012 alle 09:00.

IL ROMANISTA (S. ROMITA / C. ZUCCHELLI) - Davanti agli occhi dei romanisti, calciatori e tifosi, c’è ancora la nebbia di Verona. Perdere in quel modo fa male e crea nervosismo. Il furto subdolo è meno digeribile di quello conclamato, spavaldo e illuminato dai riflettori. Siamo certamente abituati alle ingiustizie e agli errori arbitrali. Ma mai come in questo campionato



L’ingresso di dalla panchina poi è stata una spolverata di zucchero a velo amaro sul Pandoro già bruciato nel forno. Insomma una giornata no. Di quelle che durano per tutto il viaggio di ritorno. E l’umore dei giocatori è stato tangibile anche da parte dei tifosi presenti all’aeroporto nella lunga attesa prima dell’imbarco per Roma. Sparsi nei negozi a "gironzolare" per perdere tempo tra un caffè e un profumo, tra un pensiero di Natale e una vetrina di cellulari nuovi di zecca, i campioni giallorossi hanno mugugnato e in maniera anche sorprendente hanno accettato di scambiare qualche parola con i giornalisti presenti.  Come ha fatto alle prese con la ricerca di un pc momentaneamente smarrito, sereno e sorridente nonostante di motivi per essere sereno e sorridente, motivi professionali s’intende, ce ne siano ben pochi. È partito dalla panchina per la seconda volta di fila in campionato (nonostante Zeman sabato a Trigoria avesse detto di averlo visto bene sia di testa che di fisico in settimana), è entrato al posto di Bradley negli ultimi 20’, è stato costretto a giocare da difensore centrale per via dell’infortunio di Marquinhos e ha assistito alle decisioni di Bergonzi di cui abbiamo detto già tutto. Ieri Prandelli ha detto che Daniele non è contento, lo aveva già fatto Baldini nel post partita e, in fondo, non c’era neanche bisogno che lo certificassero loro. Quale giocatore è contento di non giocare? Quale giocatore, che negli ultimi 6 anni (almeno) è stato uno dei leader di una squadra, accetta di buon grado la panchina? Nessuno. Tantomeno . Che in questo è un giocatore assolutamente normale. Non lo è in campo, non lo è mai stato in questi anni, anche se adesso magari fa più fatica a dimostrarlo. A Verona era convinto di giocare, la formazione annunciata da Zeman negli spogliatoi del Bentegodi per lui è stata una doccia fredda. Più fredda del gelo che c’era allo stadio. Nonostante questo però Daniele ancora non parla. Glielo chiedono, lui preferisce il silenzio. Sorride, nell’aeroporto dedicato a Catullo. Poi sale sul volo coi compagni (tranne Osvaldo, corso a Firenze dalla figlia appena nata), arriva a Roma intorno alle otto e un quarto, saluta tutti e se ne va. Coi suoi pensieri che si perdono nella notte.