IL TEMPO (A. SERAFINI) - Lo stile rock è inconfondibile: nella musica, nel look e nella concezione della vita. E quella di Osvaldo non sembra proprio limitarsi all'uso di pallone e scarpini, anzi. Perché se per l'attaccante avere una giornata di libertà s
«Se non avessi fatto il calciatore - racconta - forse sarei diventato un musicista rock o blues, o magari uno scrittore. Mi piace scrivere poesie e canzoni». Un mondo sicuramente diverso dalle banalità che ruotano solitamente nel calcio quello del numero nove giallorosso, che in un'intervista a GQ parla da un punto di vista diverso. A partire dagli inizi della sua carriera: «A vent'anni quando dall'Argentina sono arrivato a Bergamo ero da solo e circondato dal nulla. Non capivo la lingua e pensavo sparlassero di me, spesso mi è capitato anche di piangere. Poi piano piano mi sono integrato». Il suo percorso è poi continuato tra Italia e Spagna, fino all'approdo nella capitale nell'estate del 2011. «Ogni tanto vorrei essere una persona qualsiasi. Andare in una piazza per esempio. Qui in Italia è impossibile, mentre a Barcellona andavo a Placa de Catalunya con la chitarra».
Una diversità che coinvolge anche le caratteristiche dei tifosi italiani: «Non c'è mai una via di mezzo. Un giorno sei da scudetto e quello dopo da rogo. La mancanza di equilibrio mi fa infuriare. Non è normale che quando sbagli uno stop ti senti vomitare tutto addosso».
E da una battuta su Zeman, «non è vero che usiamo soltanto gesti, anzi parliamo spesso», si passa ai tabù legati al mondo del pallone: «Un compagno gay? Non mi cambierebbe niente, sono persone libere». Risposta secca anche sulla possibilità di scoprire un compagno pronto a vendersi una partita: »Non lo denuncerei, ma poi in silenzio lo ammazzerei di botte». Più chiaro di così.