CORSERA (T. PELLIZZARI) - Valdes; Montoya, Piqué, Puyol, Jordi Alba; Xavi, Busquets, Fabregas; Pedro, Messi, Iniesta. Chissà se a Barcellona diventerà una formazione imparata a memoria e ricordata tra 50 anni, come succede ancora oggi in Italia con Sarti-Burgnich-Facchetti eccetera. Perché anche quella dei blaugrana dal 14' del primo tempo della sfida
Al 14', infatti, il laterale brasiliano Dani Alves, partito titolare, s'infortuna. Al suo posto entra Martin Montoya e, a quel punto, tutti e 11 i giocatori in campo provengono dalla Masia, l'ormai leggendario vivaio del Barcellona. Come ha calcolato Filippo Maria Ricci sulla Gazzetta dello Sport, 10 di questi 11 sono spagnoli (l'eccezione è ovviamente l'argentino Messi), 8 catalani (Pedro è «canario», Iniesta proviene dalla Mancia). Secondo dettaglio: il record del Barcellona viene realizzato nel giorno in cui i risultati delle elezioni in Catalogna raccontano di una frenata della voglia di separazione dalla Spagna.
Ma a Madrid non si esulta troppo: «A 11 punti con 11 del vivaio» titola Marca, uno dei due giornali sportivi spagnoli (e filomadridisti) della capitale. Il riferimento è al vantaggio del Barcellona sul Real Madrid di Mourinho dopo 13 giornate di campionato, un abisso irrecuperabile, visto che il Barça ha conquistato finora 37 punti su 39 e non dà segno di volersi fermare. Anche perché a Messi mancano 3 gol per battere il record di reti segnate in un anno: Gerd Müller arrivò a 85, Leo è a 82 grazie alla doppietta segnata domenica (per un totale di 19 gol in campionato finora).
Chissà se sarà lui a vincere il Pallone d'oro (sarebbe il quarto consecutivo, un altro record) o se toccherà per esempio a Iniesta o a Xavi. Che nel dopopartita ha ricordato che un Barcellona composto da soli «canteranos» era il sogno di qualcuno che lui conosce molto bene: Louis van Gaal, che allenò il Barça dal 1997 al 2000. Un olandese, non un catalano. A dimostrazione del fatto che non è necessario essere gretti o provinciali per localisti