Il fragile rapporto tra squadra e tecnico ai minimi termini

02/11/2012 alle 08:38.

IL MESSAGGERO (S. CARINA) - A Trigoria il day after la sconfitta di Parma è uno dei tanti. Zeman che prima dell’inizio dell’allenamento spiega ai calciatori gli errori commessi alla lavagna, la squadra che ascolta in silenzio, Baldini e Sabatini che seguono l’allenamento a bordo campo. Chi si attendeva il solito confronto o presa di posizione forte da parte dei dirigenti con il gruppo

Tuttavia la sensazione, come del resto accade quasi sempre all'interno di uno spogliatoio quando i risultati latitano, è che il rischio scollamento sia dietro l’angolo. Non è un caso che Zeman nelle ultime due conferenze stampa abbia lanciato segnali ben precisi: «Io lavoro per la Roma, non contro la Roma (frase ripetuta due volte, ndc). Se quella attuale è una rosa adatta a giocare il mio calcio? Tutti i calciatori possono giocare con me, l'importante è che facciano quello che gli dico». Parole che sommate a quelle del pre-gara contro l'Udinese - «La squadra mi segue? Quasi tutti» - lasciano intendere come più di qualcosa nei rapporti tecnico-calciatori sia da rivedere. In alcuni elementi, infatti, si avverte un disagio dovuto al fatto che non si riesce a mettere in pratica (o non si crede?) ciò che chiede Zeman e i risultati si vedono in campo. Altri pensano di non essere impiegati nel ruolo a loro più idoneo e c’è anche chi lamenta l’assoluta assenza di dialogo con l’allenatore.

Come se non bastasse, ad avvalorare questa sensazione di precarietà ci ha pensato mercoledì sera , che quando parla non lo fa mai a caso: «Non funziona niente, non facciamo quello che vuole l’allenatore. Prima seguiamo quello che dice Zeman, prima usciremo da questo tunnel». Guarda caso considerazioni molto simili a quelle rilasciate da , un altro fedelissimo del boemo, dopo la sconfitta di Torino: «Il problema è semplice: facciamo il 10% di quanto ci viene chiesto». Tra l’altro il capitano giallorosso, non ha lesinato frasi sibilline nemmeno al duo Baldini-: «Una volta si vinceva? C’erano altri calciatori. Nel calcio serve concretezza, non i sogni. Rosa adatta a Zeman? Lui dice di sì, ma questo va chiesto ai dirigenti...» il tutto accompagnato da un sorriso malinconico di chi si rende conto della situazione che sta vivendo. Che poi a pensarci bene, è molto simile a quella dello scorso anno. Dodici mesi dopo, infatti, sembra essere tornati al punto di partenza. Se il gioco dell’oca a Trigoria vedeva nella stagione passata come protagonisti un tecnico (Luis Enrique), una dirigenza (Baldini e ), risultati a dir poco deludenti e un calciatore rappresentativo () che prendeva le difese dell’allenatore, oggi - a parte un paio di interpreti (Zeman e ) - la sostanza non cambia: il progetto-Roma si è nuovamente impantanato, a rischio fallimento.