GASPORT (A. PUGLIESE) - «La gara più bella? Quella di Milano del 1998: perdemmo, ma fu una grandissima prestazione». Zeman ha ragione, quel 25 ottobre fu probabilmente il momento più sublime delle sue cento panchine giallorosse.
La partenza Ma qual è stata la spina dorsale di queste cento pagine giallorosse? L'avvio aveva già fatto intuire tutto, come un'introduzione perfetta per un romanzo imprevedibile. Il 31 agosto 1997 Zeman esordì sulla panchina della Roma vincendo 3-1 ad Empoli, tre giorni dopo la sua prima apparizione all'Olimpico, in Coppa Italia, 5-3 al Verona. In quattro piccoli giorni una raffica improvvisa di gol (12). Ad inizio maggio, quando si era saputo del suo accordo con Franco Sensi, alla moltitudine di giornalisti che lo raggiunsero a Fiumicino disse: «E chi è arrivata, Claudia Schiffer?». No, era semplicemente lui, Zeman, l'uomo che rivoluzionò i cuori giallorossi, tra slanci d'amore infinito e delusioni senza fine.
I momenti top Tra le vittorie della prima esperienza ci sono le goleade: 4-1 alla Fiorentina e al Vicenza (fuori casa, 23 maggio 1999, la sua ultima panchina romanista), 6-2 al Napoli (il primo assaggio di Zemanlandia, il 5 ottobre 1997), 5-0 al Brescia ma soprattutto al Milan di Capello: era il 5 maggio del 1998, dodici mesi dopo proprio Don Fabio avrebbe sostituito Zeman sulla panchina romanista. Ma nell'album dei ricordi c'è anche il primo Roma-Juve (2-0) successivo alla denuncia sul doping e quel 2-1 alla Fiorentina del 17 ottobre 1998, quando il gol di Batistuta (già sognato in estate) venne ribaltato nel finale da due delle poche fiammate di Bartelt: assist all'89' per Alenithcev, tiro respinto al 91' e gol di Totti. E poi i due derby della riscossa, quelli del '98-99: prima il 3-3 (con il gol di Delvecchio annullato) e poi il 3-1 del ritorno e quel «Vi ho purgato ancora» di Francesco Totti.
I momenti flop Del resto, i 4 derby persi nel '97-98 erano stati il momento più buio della prima Roma zemaniana: 11-3 il computo generale dei gol e uno striscione finale («Siete su scherzi a parte») che suonò per la gente romanista come un'umiliazione inenarrabile. Ma tra le delusioni più grandi c'è anche quel Milan-Roma 3-2 del 1998, proprio perché alla bellezza della prestazione (tre pali e un rigore fallito da Totti) non seguì il risultato. Esattamente come in Roma-Atletico Madrid (ritorno dei quarti di Coppa Uefa), quando il cicciottello Van der Ende negò il passaggio del turno (rosso a Wome, rigore negato e gol annullato a Delvecchio). Anche se la partita simbolo di tutti i mali, è chiaro, resta Roma-Inter 4-5, un incubo senza fine. Un po' come Roma-Bologna e Roma-Udinese di quest'anno, anche se Gilardino e Di Natale, con tutto il rispetto, non sono Ronaldo e Zamorano.