CORSPORT (S. DI SEGNI) - Quella settimana lo prendeva in ostaggio e lo squartava dentro. Il derby di Giuseppe Giannini era quello di tutti i romani che vedono giallorosso: non basta il sangue di un alligatore, per non sentirlo ribollire nelle vene. Erano notti insonni, quelle del Principe: capitano di una squadra per cui la supremazia cittadina valeva spesso una stagione, esponente romantico di un calcio che in fondo si risveglia con la sfida Capitale. Si fa presto a dire provincialismo. ( ) Tre foto invece possono raccontare una carriera: un gol, un rigore sbagliato, tre dita agitate per rivendicare una vittoria. No
( ) Tre foto invece possono raccontare una carriera: un gol, un rigore sbagliato, tre dita agitate per rivendicare una vittoria. Non può essere un caso se tutte le immagini riconducono a quella partita. Tre match diversi, per dire che il derby è uno, uno solo. E racchiude tutto: gioie e sofferenze, amori spezzati, compromessi, rinsaldati. Con il derby si chiude, con il derby si ricomincia.
Il Giannini allenatore giura che oggi sarebbe in grado di domare le emozioni: «Perché tra viverlo in calzoncini o in pantaloni corre una bella differenza» .
Ma allora è vero che vale pur sempre tre punti? «Sì. Se non sei romano e non vedi giallorosso» .
Giannini, che cosa è il derby?
«In una parola, è passione».
Qual è stato il suo derby?
«Preferisco scegliere tre foto, che in fondo raccontano anche la mia carriera. Ce nè una in cui segno il gol dell1-1 al Flaminio. Unaltra in cui sbaglio il rigore del possibile pareggio nel marzo del 94. E infine quella in cui festeggio il 3-0 con Mazzone».
Inutile quindi chiederle qual è stato il più brutto.
«Arrivavo da una settimana poco serena, mi trascinavo dei problemi fisici e anche mentalmente non ero nella condizione ideale. Lerrore dal dischetto fu una conseguenza».
Tutti sanno delle sue notti insonni prima dei derby.
«Quelli che mi separavano dalla partita erano giorni critici. Cercavo di ingannare lattesa guardando la tv, restavo in piedi fino a tardi, non mi riusciva di allentare la tensione».
Quella partita per lei non valeva semplicemente tre punti.
«Se sei romano e se sei tifoso il derby sarà sempre qualcosa di più grande. Ma per gli altri giocatori dovrebbe valere il discorso di Zeman: in palio ci sono tre punti».
Un avversario biancoceleste che temeva in modo particolare?
«Con tutto il rispetto, pur avendo affrontato grandi campioni, non ho mai pensato agli altri. Il mio avversario viveva dentro di me e devo ammettere che spesso non sono riuscito a domarlo: il mio obiettivo era rimanere sereno e fare il mio compito, ma arrivavo troppo carico, la voglia di spaccare il mondo si tramutava in ansia e solo negli ultimi anni sono riuscito a conservare in campo lequilibrio».
Petkovic contro Zeman: che sfida sarà?
«Il nuovo contro il maturo. Il boemo sa cosè il derby, per lallenatore della Lazio invece è tutto da scoprire. Fattori allopposto, difficile prevedere come influenzeranno il match».
Chi deciderà la stracittadina?
«Chi sarà più freddo ed equilibrato. La Lazio in avvio di stagione ha dimostrato di avere queste caratteristiche. La Roma ha fatto un grande passo in avanti con il Palermo. Credo uscirà fuori una bella partita».
Lei è stato il capitano di una Roma per cui la supremazia cittadina tante volte valeva una stagione. E daccordo?
«In parte. Abbiamo lottato anche per traguardi più importanti. Ma è inutile nasconderlo, mi sarebbe piaciuto iniziare unannata con una rosa favorita per lo scudetto».
Di momenti delicati lei ne sa qualcosa. Cosa significherà questo derby per Daniele De Rossi?
«Può essere decisivo, può ribaltare gli umori. Il suo e quello dellambiente. E loccasione per darsi una scossa, per reagire e dimostrare una volta ancora quanto vale. Se fossi lallenatore glielo direi alla romana. Sia Zeman sia De Rossi da domenica possono ripartire per un nuovo cammino, più lungo possibile. Spero che il tecnico gli dia una chance e che Daniele ora parlo da tifoso riesca a coglierla al volo».
Prima della separazione, nel pieno della sua attività, è mai stato tentato di lasciare la Roma?
«Un anno cè stata la possibilità di andare via, la Samp e la Juve erano alla ricerca di un centrocampista e pensarono a me. Io tutta quella situazione lho vissuta in modo distaccato, perché in definitiva contava solo il mio desiderio e se avessero trovato un accordo con la Roma comunque sarebbero dovuti venire da me».
E avrebbe risposto Roma ?
«Roma e basta».
Da allenatore cosa direbbe ai suoi prima di un derby?
«Se allenassi un Giannini gli direi di circondarsi di persone che lo aiutino a distrarsi. Un amico, un compagno di squadra. Penso che oggi mi sentirei pronto per viverlo serenamente e per trasmettere calma. Tra una sfida in pantaloncini e una a bordo campo corre una bella differenza».
Ormai è senza panchina da un anno. Perché?
«Non lo so, me lo chiedo anche io, spero non sia una questione di carattere e di etichetta. Io ho la mia personalità, ma non ho grandi sponsor. Daltronde non li ho avuti neanche da calciatore
».
In questo periodo ha ricevuto offerte?
«Sì, ma mai quella giusta. In passato ho commesso degli errori per la smania di partire e dimostrare il mio valore. Oggi non allenerei una squadra priva di forza economica e strutturale. E non mi riferisco alla possibilità di fare un mercato da paperoni. Ho allenato in club dove non cerano soldi e campi. La serenità per un tecnico e il suo staff è importante: se la baratti, alla lunga paghi il conto».
Giovani alla riscossa: prima il fenomeno Villas Boas, poi Luis Enrique, ora Montella e Stramaccioni. Certe resistenze ormai sono cadute.
«Cè unapertura per i giovani, ma non per tutti. Gli sponsor, come dicevo, ancora contano».
Quale calcio si avvicina a quello di Giannini?
«Quello intenso e spensierato al contempo, intelligente e fantasiosio. Mi piacciono le squadre che recuperano il pallone con ferocia e attaccano. La Juve cè riuscita spesso».
Ha pensato ad unesperienza allestero?
«Non la disdegno, ma mi piacerebbe misurarmi in serie A».
Dove vedrà il derby domenica?
«Sarò ospite in tv, ma una parte di me sarà sugli spalti».
E lo vivrà con un pizzico di nostalgia, invidia o sollievo?
«Lo vedrò con lo sguardo critico di un tecnico. E lo vivrò con il cuore del tifoso che è in me»