IL TEMPO (T. CARMELLINI) - Era il sogno forse utopistico di chi era tornato nella capitale con voglia di riscatto, con la consapevolezza di poter dare e cambiare il futuro giallorosso. Poi è arrivato l'anno targato Luis Enrique, una stagione che ha aperto una ferita profonda tra presente e passato, incrinando anche una parte del futuro di questa Roma in evoluzione
E l'andamento di queste prime nove partite giocate non ha aiutato: 19 gol subiti, sconfitte pesanti per come sono arrivate e contro chi. Quella del boemo è una scelta difficile, condivisibile per molti versi, ma chiaramente molto rischiosa da sostenere. Quando punti su uno così, sai che devi avere spalle grosse e aspettarti sberle dietro ogni angolo: motivo per il quale la società sta correndo ai ripari con un «correttivo». Ma quello che sta succedendo a Trigoria è davvero tutta colpa di Zeman? Sì, l'allenatore ha il suo 33% di responsabilità, ma molti degli spigoli sui quali la Roma si sta scorticando le ginocchia hanno origini antiche, son rimasugli di vecchie partite. Quando Totti esce allo scoperto al fianco dell'allenatore messo in discussione, fa una scelta di campo che altri «capitani» (futuri?) non condividono. E se due personalità così «pesanti» non vanno nella stessa direzione qualche problema rischia di crearsi davvero... altro che Zeman. Il Capitano è un esempio che in molti dovrebbero seguire, a prescindere dai contratti milionari e dai capricci personali. Poi alla fine si faranno i conti: e se il tecnico, con la squadra dalla sua parte, avrà fallito allora ne pagherà le conseguenze come chi lo ha preceduto. Ma andare avanti con questo «tutti contro tutti» non fa bene a nessuno: tantomeno a questa Roma dove la dicotomia rischia di diventare la nuova parola d'ordine... a tutti i livelli. Alla fine servirebbe solo un po' di sana normalità.