CORSERA (G. TOTI) - Difficile pretendere un derby diverso, in una città angustiata come questa. La sfida tra Lazio e Roma, che continua a mantenere un respiro «contradaiolo », incapace di valicare i confini del raccordo anulare, è una sfida tra precari, tra due squadre dallincerta identità e dallincerto futuro. Dunque figlia - e specchio - in
Dallaltra parte la Roma (17 punti, sesta) fintamente internazionale, gestita dalla banca e accompagnata dai «fantasmi» americani, che appaiono per qualche ora e spariscono per mesi. Niente «new deal», sfaldatosi già prima di vedere la luce, ma una società condannata a vivere sulle montagne russe: una settimana al top e laltra nellabisso, delusa persino dal ritorno di Zdenek Zeman, bramato da quella parte di tifo nostalgico e pure parecchio smemorato. Forse varrà per il sogno Champions, il derby. Più probabilmente sancirà la (tristissima) supremazia cittadina, «traguardo» davanti al quale - dal 1929 a oggi - hanno dovuto arrestarsi decine e decine di stagioni. Derby piccolo, insomma. O non grande, se si preferisce. Speriamo lo renda più dignitoso il pubblico, nel quinto anniversario della morte di Gabriele Sandri, il tifoso laziale ucciso l11 novembre 2007 da un colpo di pistola di un poliziotto in unarea di servizio. Pubblico che non è migliore delle due squadre e di questa città. Ma che a volte riesce ancora a sorprendere.