De Rossi a testa alta

10/11/2012 alle 09:27.

IL MESSAGGERO (M . FERRETTI) - Come già accaduto dopo l’esclusione punitiva subìta a inizio ottobre, Daniele De Rossi ha scelto ancora la strada del silenzio. Silenzio e lavoro, per recuperare posizioni e, forse, anche un pizzico di serenità.


Chi pensava che l’esser finito in panchina contro il Palermo avrebbe condizionato in maniera negativa il suo comportamento professionale, insomma che avrebbe piantato il muso contro tutto e tutti, si è sbagliato di grosso. In allenamento Daniele è stato (come al solito) propositivo e concentrato, tanto è vero che Zeman - che nei giorni passati ha più volte parlato con lui, scambiando anche qualche battuta - l’ha costantemente provato nella squadra dei titolari. Nel ruolo di intermedio di destra, cioè quello che a Daniele non piace al cento per cento ma che ha sempre accettato. Perché, come già accaduto dopo l’esclusione dalla partita contro l’Atalanta, tutti hanno raccontato di una sua voglia di zero di giocare da mediano tranne uno, cioè proprio .
Gli sono state attribuite frasi di ogni genere, polemiche a non finire nei confronti di Zeman ma, in realtà, non si hanno tracce di sue parole. Semplicemente perché, dal post in poi, non ha più parlato. «Averlo in campo per noi rappresenta qualcosa in più, perché sappiamo quale sia il suo livello e cosa pensano di lui gli avversari. Per noi è un simbolo, abbiamo bisogno del che trascina tutti. Lui ora ha la testa giusta per giocare a calcio», ha dichiarato Nicolas Burdisso.

Silenzio e lavoro, come detto. Chi in questa settimana è stato in campo al suo fianco, lo descrive caricato a pallettoni per la partita di domani. Del resto, per uno come lui il derby non è mai stato, non è e non sarà mai una partita come le altre. Una sfida che in passato l’ha fin troppo coinvolto da un punto di vista emotivo, al punto che spesso non l’ha giocata bene. Visceralmente romanista, ha faticato a trasformarsi anche solo per una partita in un giocatore privo di sentimenti. Ne ha pagato le conseguenze (ricordate quella panchina post primo tempo con Ranieri, in tandem con ?) ma con il passare degli anni, forse, ha fatto tesoro della sua romantica debolezza. Quando c’è il derby, però, Daniele è fondamentalmente sempre quel ragazzino-tifoso che il 9 dicembre del 2000 affrontò per la prima volta la Lazio con la Primavera: vinse la Roma, così come vinse ancora la squadra giallorossa la sera del suo esordio con la prima squadra contro i biancocelesti (9 novembre 2003), in campo a sette minuti dalla fine al posto di Cassano dopo le reti di Mancini e . Ne ha vinti nove, finora, con tre pareggi. Un buon bilancio.

È indubbio che domani la pressione su sarà fortissima. E che, per tutta una serie di motivi, per lui non sarà una partita facile da giocare. Questo perché, con tutto quello che ultimamente si è scritto e raccontato sul suo conto e sul suo rapporto con Zeman, non può permettersi di sbagliare mezzo pallone, di non giocare bene sapendo che ogni minimo errore gli verrebbe rinfacciato tirando in ballo anche (soprattutto...) il suo stipendio. Una cosa, comunque, è a prova di qualsiasi smentita: Daniele ha una voglia matta di vincere il derby. Riuscirci potrebbe aiutarlo a ricreare un buon feeling con la piazza e a fargli mettere da parte i tanti pensieri (alcuni brutti, almeno per chi lo vorrebbe alla Roma fino al termine della carriera) che oggi si agitano sulla sua testa.