IL ROMANISTA (D. GALLI) - Un anno fa. Stadio Olimpico, è il 23 ottobre, è il giorno di Roma-Palermo. Lamela è a digiuno di minuti con la maglia giallorossa. È a zero. È reduce da un infortunio alla caviglia che il Mondiale Under 20 ha inevitabilmente amplificato, perché la nazionale argentina ha pensato bene di fargli giocare tutte le partite, facendo infuriare Sabatini.
Quando la palla sinsacca, viene giù lOlimpico, Totti (in tribuna col figlio Cristian) e Sabatini compresi. «Questo giocatore mi scalda il cuore», dice spesso il ds a chi gli sta vicino. Che sarrabbia quando qualcuno gli parla di scommessa vinta adesso. È una scommessa vinta di sicuro, però un anno fa. Quattro gol nello primo anno in Serie A, sei contando i due in Coppa Italia. Adesso è già a sei in campionato e ci sono tutte le premesse per vederlo presto in doppia cifra. Nel buio pesto della Roma di oggi è una stella, è lunico essere avvicinabile a Francesco Totti, allentità più luminosa della volta giallorossa, quellalieno - lui sì, e da una ventina danni - che sta tenendo a galla la squadra, il campione che a 36 anni continua a dare lesempio, a dettare la rotta, a dimostrare con i fatti lamore per questa maglia. Sabatini ha ragione, non è certo ora che scopriamo Lamela. Però è ora che Erik sta dimostrando quella continuità di rendimento che nella passata stagione non aveva. È la cura Zeman, è lelisir boemo che rende prolifiche le punte. Il dramma, sportivamente parlando, è semmai quello che cè dietro lattacco. Ma questo è un altro discorso. Qui conta che Lamela ritroverà il Palermo nel suo momento migliore e nel momento peggiore di Zeman, e quindi della Roma. In realtà Erik è più triste di prima. Vorrebbe segnare per vincere, o vincere e basta, raccontano. Non tanto scontato, però molto logico. In fondo accanto a sé ha due maestri. Uno siede in panchina, laltro indossa la maglia numero 10.