CORSERA (G. PIACENTINI) - Una giornata da presidente, la prima «vera» da quando James Pallotta ha assunto la carica. Non che gli appuntamenti istituzionali e i sopralluoghi nelle aree dove nascerà il nuovo stadio della Roma
La serata è stata unoccasione non ufficiale per continuare a pianificare il futuro della società, dopo il cda nel pomeriggio ed in cui è stato approvato il bilancio desercizio, chiuso al 30 giugno scorso con perdite pari a 54,8 milioni di euro che saranno coperte con la prima tranche dellaumento di capitale. Annunciata dalla società giallorossa anche una partnership con la Volkswagen: dopo la Disney, la casa automobilistica tedesca è il secondo marchio internazionale che ha deciso di legare il suo nome a quello della Roma. Fra gli ospiti della cena Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio, e i costruttori Parnasi e Toti
. Pallotta si è presentato a Trigoria poco prima dimezzogiorno, in tempo per partecipare agli scatti della foto ufficiale della squadra. Ha preferito sedersi in terra, insieme ai giocatori, e non rimanere in piedi con gli altri dirigenti. Un gesto particolarmente apprezzato dai calciatori, sui quali continua amantenere un grande appeal. Il manager americano ha salutato uno per uno i calciatori e si è soffermato a chiacchierare a lungo col connazionale Bradley e con Nico Lopez (entrambi sono diventati da poco papà), con Daniele De Rossi (che parla un ottimo inglese), con Osvaldo (i due hanno gusti musicali simili e si sono confrontati sulle rispettive playlist pubblicate sul sito della società).
Non poteva mancare lincontro con Francesco Totti («È il numero uno», avrebbe detto il capitano) e con Zdenek Zeman. Al termine della sua lunga giornata di lavoro, Pallotta è uscito da Trigoria. Ad attenderlo, un gruppo di tifosi: il presidente si è fermato per firmare autografi e si è reso protagonista di un divertente fuori programma. Un tifoso gli ha consegnato il curriculum del figlio. Pallotta ha sorriso, e forse si è reso conto di quanto i tifosi romanisti abbiano bisogno di credere nel «sogno americano»