Là dove l’orchestra stecca

23/10/2012 alle 11:10.

IL ROMANISTA (D. GALLI / D. GIANNINI) - I giocatori vincono le partite, le squadre vincono i titoli. L’originale è appeso negli spogliatoi dei Boston Celtics, la copia in quello della Roma. Ma il messaggio è universale e si sposa perfettamente con Zemanlandia, il regno dove nessuno può permettersi di non seguire lo spartito, dove

LA QUESTIONE CENTROCAMPO «Stiamo lavorando». Due giorni fa lo hanno ripetuto quasi tutti i giocatori passati dal campo al microfono. La Roma è work in progress, e il progresssi vede. C’è la mano di Zeman dietro al 4-2 al . Ma questo progressdeve continuare. Zdenek avrà notato che a centrocampo si può fare meglio, che se ha svolto domenica più di un compito e se è spesso arretrato a fare il regista aggiunto, è forse perché entrambi hanno capito che Tachtsidis sbaglia qualche appoggio di troppo, e questo può rivelarsi fatale quando la squadra si sbilancia in avanti. «È stata una richiesta dell’allenatore», spiegò tempo fa . «Zeman mi ha detto: "Io prendo questo ragazzo e lo trasformo in un campione". Ha piede, forza e una piccola lentezza che il mister vuole trasformare in velocità». L’opera è ancora incompiuta e la nota stonata si avverte. Al posto del greco potrebbe giocare , che però Zeman considera un intermedio. lo ha fatto osservare con garbo: «Nella Bosnia faccio il regista, è il ruolo che preferisco. Nella Roma mi adatto. Se mi sento un titolare? No». No, già. Infatti, il bosniaco è stato escluso per la prima volta da quando ha completamente recuperato dall’infortunio. E per il Maestro è intermedio anche . L’alternativa potrebbe essere Bradley, che nell’opinione del tecnico è passato da intermedio a centrale di centrocampo. «Lo vedo - diceva in estate Zeman - come intermedio di centrocampo, ma può fare anche il centrale». Posizione, questa, dove però è gerarchicamente sotto Tachtsidis.

L’APPROCCIO Anzi, di problemi ce ne sono due. , Atalanta, : tre false partenze nelle ultime tre partite. La prima volta è stato un disastro totale dall’inizio alla fine, nella seconda sei stato graziato, nella terza sei stato bravo a cancellare una mezzora da incubo con 60 minuti abbondanti da sogno. Ma il dato resta. Agatha Christie diceva che tre indizi fanno una prova. Sì, ma in questo caso una prova di cosa? Per tre volte al fischio d’inizio la Roma non c’era. A Torino in casa dei campioni d’Italia mai battuti nel nuovo stadio era difficile immaginare che poi cambiasse qualcosa. E infatti nulla è cambiato. Una settimana dopo in casa ci hanno pensato Denis (con il miracolo di Stek) e Moralez (traversa) a permetterti di restare in vita e di non sprofondare. Domenica la storia si è ripetuta: prima , poi , poi ancora Stek senza il quale forse rimonta non sarebbe stata. Qual è il problema? Una questione di approccio? In realtà forse tra le tre partite delle differenze ci sono e ogni volta è stata una storia diversa. A Torino certamente la gara è stata sbagliata, con l’Atalanta può esserci stato un blocco psicologico, un contraccolpo dopo la figuraccia con la . E a Marassi probabilmente soprattutto sulla rete di è stato più merito del che demerito della Roma. Così sembrerebbero pensarla anche i protagonisti della sfida. «Oggi il primo gol loro è stato fantastico – ha spiegato Lamela nella mixed zone del Ferraris - a Torino è stata un’altra partita, oggi meritavamo di vincere».

Per Zeman addirittura la partenza non è stato tanto male: «Per me l’inizio è stato uguale al resto. Abbiamo preso due gol su posizionamenti sbagliati dei difensori. Ma sull’espressione di gioco abbiamo giocato allo stesso modo. Abbiamo fatto due errori sul gol, e sull’altro abbiamo sbagliato marcatura. Errori che ci sono nel calcio. Noi dobbiamo creare qualcosa per far sbagliare di più gli avversari». Insomma, più che una questione di approccio sembra trattarsi di una somma di cause diverse. D’altronde quasi mai le squadre di Zeman hanno avuto problemi di approccio, soprattutto a inizio stagione. Se si vanno a guardare ad esempio le due stagioni in giallorosso prima di quella attuale, nelle prime giornate, quelle in cui teoricamente c’è più bisogno di apprendere i suoi insegnamenti, arrivarono vittorie (parecchie), pareggi e sconfitte (poche) ma in ogni caso mai con delle false partenze. Costituiscono eccezioni alla regola solo un piccolo gruppo di partite a cavallo tra il gennaio e il febbraio del 1999, cioè a metà del secondo campionato di Zeman alla Roma. In quel periodo giunsero tre sconfitte ravvicinate contro Cagliari, Salernitana e Venezia. In tutti e tre i casi la sua Roma andò sotto immediatamente. In Sardegna Muzzi ci mise 2 minuti per andare a segno. A Salerno, Bernardini ne impiegò 11 per mettere dentro un rigore. A Venezia, per il gol di Recoba, bastò una manciata di secondi. Tre indizi, anche in quella occasione. Ma forse stavolta, come allora, non c’è nessuna prova.