CORSERA (L. VALDISERRI) - Poiché il capro espiatorio Luis Enrique non funziona più bene come prima in fondo il deleterio asturiano aveva fatto gli stessi punti di Zeman senza la spinta della vittoria a tavolino di Cagliari ecco che il nuovo «male» della Roma
Daniele De Rossi, almeno per chi scrive, ha tante doti. Tra queste, sicuramente, non cè la furbizia. Fosse furbo, non giocherebbe in condizioni imperfette e fuori ruolo. Penserebbe a se stesso e non a un gruppo in difficoltà di classifica e di giocoa cui prova a dare una mano anche a rischio di fare brutte figure. Come quella di sabato sera a Torino, contro la Juventus, per la quale il Corriere della Sera lo ha valutato con un 4,5 che probabilmente si sarebbe dato lui stesso. Ma un conto è giocare male e un altro tirarsi indietro. Daniele De Rossi non lo ha fatto né prima né dopo, quando è andato a mettere la faccia davanti a telecamere e taccuini in una di quelle situazioni dove nessuno vuole parlare. Perché la vittoria ha sempre tanti padri e la sconfitta resta invece molto in fretta orfana. Se coerenza e onestà non pagano più e non sono più gradite, il problema diventa davvero grave. Ma non per Daniele De Rossi. Per la Roma