IL TEMPO (A. SERAFINI) - Jeans, camicia bianca e quellinconfondibile sorriso stampatosul viso: se non fosse per qualche chilo di troppo, qualcuno ci avrebbe anche fatto un pensierino nel dargli la tuta dallenamento. Ma le corse estenuanti sulla fascia destro sono ormai un lontano ricordo per Cafu, sbarcato ieri nella capitale come ambasciatore
Il tutto mentre Zeman e i suoi ragazzi scendevano in campo nella seconda seduta giornaliera: il due volte campione del mondo ha potuto così salutare il suo vecchio allenatore e il sempreverde Francesco Totti, unico superstite della prima Roma di Sdengo. Il numero dieci, insieme a De Rossi, è il primo ad andarlo ad abbracciare, seguito dall'emozionata colonia brasiliana. «Totti resta il più grande, farò sempre il tifo per lui», ha commentato Cafu. E l'abbraccio con il vecchio maestro, riapre la mente a vecchi ricordi: «Penso alla gioia che mi ha dato questa città con i suoi tifosi». Ora la Roma naviga in acque diverse, con problemi diversi: «C'è tempo per rilanciarsi, bisogna crederci. Basta la volontà dei giocatori per capire gli schemi dell'allenatore. Non si può cambiare sistema per ogni singolo, è la squadra che deve adattarsi al modo di giocare. Zeman e De Rossi? Daniele l'ho lasciato bambino, adesso è un uomo: sapranno chiarirsi».
Pensiero finale sui connazionali Castan, Marquinhos e Dodò: «Sono ottimi giocatori, ma in Italia devi stare attento perchè ti bruciano in fretta. Dodò come Roberto Carlos? Parliamo di una leggenda, ma il ragazzino ha le doti per fare anche meglio. Però mi raccomando non diteglielo».