SETTE (V. ZINCONE) - Roma, Trigoria. casa madre dei giallorossi. Intervista di profilo Zdenek Zeman, 65 anni, è seduto accanto a me ma guarda di fronte a sé. Quando una domanda gli interessa in modo particolare, resta in silenzio qualche secondo,
Solo in due occasioni abbandona questo schema sfinge: quando affrontiamo lesonero del figlio Karel dalla panchina del Fano (Cè molta invidia in giro. E troppi dirigenti impreparati) e quando Catia Augelli. portavoce dellAS Roma, fa capolino per comunicargli che riceve dozzine di richieste di persone che vogliono giocare a golf con lui: Sono un avversario pericolosissimo.
Zeman lo Jedi del calcio. Zeman il fustigatore del malcostume. Zeman lincubo delle difese. Zeman categoria dello spirito. Il coro: Zeman perchè no!?!. Antonello Venditti gli ha dedicato una canzone: La coscenza di Zeman. Il Wall Street Journal un lungo reportage : Hes both bohemian an Bohemian. Allinizio del più austero dei campionati a trazione bianconero, è bastato che la sua Roma strapazzasse lInter alla seconda giornata per farlo riapparire sulle prime pagine dei quotidiani a caratteri cubitali.
Dopo anni di esilio dalla Serie A, dopo che le sue denunce sul doping, sulla GEA di Luciano Moggi e sullinvasione della finanza gli avevano inimicato il sistema calcio, Zeman è tornato. Con tutto larmamentario di dichiarazioni ustionanti. Già, perchè da Zeman ci si aspettano verticalizzazioni fulminee in campo e bastonate dialettiche davanti ai microfoni. Anche con Sette non delude le aspettative. Chiedo A cena col nemico?. Replica Perchè dovrei cenare con un nemico?. Insisto Andrebbe a cena con Giancarlo Abete, presidente di Federcalcio?. E lui, dopo aver inserito la modalità sfinge: perchè no? Abete non è nemico mio. E nemico del calcio, non mio. Bang.
I tifosi dellInter lo hanno accolto allo stadio con uno striscione Onore a Zeman icona del calcio pulito. Gli ricordo mentre lo vedo sfogliare le prime pagine del Manuale del calcio (edizioni Fandango) scritto da Agostino Di Bartolomei (leggendario capitano della Roma anni Ottanta, morto suicida nel 1994) che sta per uscire in libreria e che è dedicato proprio alla pulizia del calcio giovanile. Nel libro cè anche un decalogo. Lultimo punto è decisamente zemaniano: Il calcio è semplicità. Partiamo da quì.
Il calcio è semplicità?
«Dovrebbe essere semplicità».
Non lo è?
«Molti giocatori si complicano la vita. Si vogliono mettere in mostra e far vedere che sanno fare qualche cosa in più».
Succede anche tra i suoi?
«Chi sa di più dovrebbe aiutare chi sa di meno».
Invece?
«Il calcio è sempre di più uno sport individuale. I giocatori pensano: faccio più gol, divento più famoso, guadagno più soldi. Ci sono giocatori che hanno bonus legati alla quantità di rigori che ottengono durante la stagione».
Anche Totti & Co.?
«Non credo. Contratti simili spingono a simulare cadute in area, no?».
Ago Di Bartolomei diceva: Talento e serietà valgono allo stesso modo
«Ho visto giocatori con talento perdersi e non giocatori diventare giocatori dopo anni di allenamento».
La sua priorità qualè? La serietà o il talento?
«Serietà e impegno».
Lei ha la fama di essere molto duro con i suoi giocatori se non si comportano in maniera corretta
«Ci sono giocatori di cui si dice che hanno carattere perchè non si contengono nelle proteste. Il carattere in realtà non centra. Devono imparare a dominarsi e a rispettare lavversario e gli arbitri
Avrebbe strigliato Totti quando diede un calcione gratuito da dietro a Balotelli?
«Certo. Un allenatore deve cercare di eliminare questi atteggiamenti negativi».
Atteggiamenti negativi. Si è mai pentito di averli denunciati? Lei è stato il primo a parlare di doping, dello strapotere della Gea...
«Se un giornalista mi fa una domanda io rispondo quello che penso. Mi dispiace che certe volte le mie dichiarazioni vengano strumentalizzate».
Quando sarebbe successo?
«Con Antonio Conte, per esempio».
Be, lei questestate ha detto che se un allenatore è squalificato per tanti mesi, non dovrebbe allenare.
«Parlavo in generale».
Passare dal generale al particolare non era complicatissimo.
«Ci siete passati voi giornalisti. Non io».
Stampa e giornalisti hanno influenzato la sua carriera?
«Soprattutto tra il 1998 e il 2006. In modo negativo».
Tra il 1998 e il 2006 lei è stato un po isolato.
«Un po tanto».
In quel periodo ha allenato molte squadre cosiddette minori. È finito pure in Turchia, al Fenerbahçe. Ora è tornato. Osannato. Gianni Petrucci, presidente del Coni, ha dichiarato: «Zeman dice spesso cose che la gente pensa ma non ha il coraggio di dire».
«Sono contento che Petrucci si accorga che la gente la pensa in maniera diversa da quello che sostengono i vertici».
I tifosi credono che sia meglio vincere che giocare bene. Lei ha sempre detto il contrario.
«Per me è meglio vincere dimostrandosi superiori sul campo e non fuori dal campo».
Sta parlando di intrighi di palazzo e farmacie?
«Sì, di tutto questo».
Gli scandali contribuiscono a fare pulizia? Doping, calcioscommesse...
«Cè qualche miglioramento. Ma temo che sia più per paura di essere scoperti che per convinzione. Servono più esempi positivi».
Bisogna partire educando i giovani dalle scuole calcio?
«Ho sempre spiegato ai miei giocatori il concetto del collaborare, del recuperare un risultato uniti. La mia zona è questo: il contrario di un calcio in cui i giocatori pensano solo al proprio spazietto».
La sua Roma è questo?
«Ci sto lavorando».
Cè chi dice: «Zeman è cambiato. Non è più quello ultra-offensivista della zemanlandia foggiana e del ferreo 4-3-3».
«Il mio pensiero sul calcio non è cambiato. Possono essere cambiati gli interpreti».
E il suo modo di percepire i derby è cambiato? Disse: «Per me è una partita come unaltra». E i tifosi giallorossi non le perdonarono i quattro derby di fila persi con la Lazio alla fine degli anni Novanta.
«Distinguiamo tra tifosi e accecati. La Lazio era una grande squadra che aveva comprato tanti campioni».
Lei ha sempre ottenuto risultati migliori alla Lazio (un secondo e un terzo posto) che alla Roma.
«La Lazio era penalizzata, ma meno della Roma».
In che senso?
«Nel mio secondo anno alla Roma (98/99) la squadra perse 20 punti. Non sul campo».
Ha detto più volte che eravate sfavoriti dal cosiddetto sistema. Il sistema non esiste più?
«È quello che mi auguro».
Ora ha loccasione di rifarsi. È per questo che sembra così felice di essere tornato a Roma?
«Sono felice perché sono tifoso della Roma. Quando allenavo il Licata a inizio Anni 80 e già facevo giocare un bel 4-3-3, un amico romanista mi ossessionava con le imprese dei giallorossi. Non capivo perché. Quando sono arrivato qui è stato tutto chiaro. La squadra è nei cuori di molti romani».
Dopo solo due giornate, anche i suoi detrattori più accaniti sembrano rinsaviti.
«Unesagerazione. Ma non mi stupisce. A Roma è facile esaltarsi. Ma anche deprimersi. Serve equilibrio. E io ce lho».
Massimo Moratti ha detto che negli ultimi anni lei è stato vicino a un accordo con lInter.
«Molte parole. Ma poi bisogna vedere se ci sono le condizioni per lavorare bene. E non parlo di giocatori da acquistare».
È più facile che un giocatore nasca zemaniano o che lo diventi?
«Sono più quelli che lo sono diventati».
Baiano, Rambaudi, Vucinic, Immobile, Insigne...
«Ne aggiunga unaltra ventina».
Beppe Signori... Ora indagato per il calcioscommesse.
«Lho sentito più di una volta. E mi dispiace per quel che è successo. Lui era un esempio positivo. Si è sempre comportato bene. A fine carriera, parecchi giocatori che hanno guadagnato molto, finiscono in mezzo a gente che li vuole sfruttare».
Sfruttamenti sportivi. Il giorno dopo la vittoria della Roma sullInter il titolo giallorosso è schizzato in Borsa del 5% e passa.
«Penso che le società di calcio non dovrebbero essere quotate in borsa. I risultati mi danno ragione. Il calcio deve stare fuori dalla finanza e dalla politica».
Le hanno mai proposto di fare politica?
«Sì, certo. Ho avuto tante offerte».
Da destra o da sinistra?
«Io non ho mai dichiarato le mie preferenze, ma le proposte sono arrivate da tutti gli schieramenti. È normale: siamo in Italia».
Lei ha un gruppo ristretto di amici?
«Molto ristretto».
Un nome?
«Gastone, pescivendolo laziale, da cui non ho mai comprato neanche una sardina».
Qual è la scelta che le ha cambiato la vita?
«Decidere di fare lallenatore di calcio».
Ricorda il momento della decisione?
«Nel 1974. Ero già stato allenatore di pallavolo, nuoto, ginnastica
Quellanno sono entrato nel settore giovanile del Palermo. Guidavo quattro squadre. Non ho più smesso».
Chi è venuto fuori da quel settore giovanile?
«Tanti nazionali».
Lerrore più grande che ha fatto?
«...Non ho fatto grandi errori!».
È vero che lei non urla mai con i suoi giocatori?
«Non cè bisogno di urlare. Se urli non si capisce. Basta spiegare, anche a voce bassa».
Che cosa guarda in tv?
«Lo sport. E quando non cè niente che mi interessa, qualche film, di cui il giorno dopo non ricordo nulla».
Il film preferito?
«Qualcuno volò sul nido del cuculo con Jack Nicholson».
La canzone?
«La donna cannone di Francesco De Gregori».
Il libro?
«Ora leggo poco. Mi piace Alexandre Dumas».
Lo scrittore della vendetta. Chi ha scritto: La prima minuscola ingiustizia commessa nellinteresse della giustizia
significa inequivocabilmente linizio della fine?
«Non lo so».
Vaclav Havel, il leggendario presidente cecoslavacco. Condivide?
«No. La vita ti insegna che non è così».
Quanto costa un pacco di pasta?
«Dipende. Circa un euro».
Conosce larticolo 21 della Costituzione?
«Non lo conosco».
È quello sulla libertà di espressione e di stampa.
«Ma la stampa non è libera: è prigioniera della politica e della finanza».