Totti non finisce mai

04/09/2012 alle 10:10.

CORSPORT (R. MAIDA) - Non è giusto dire che Zeman sia cambiato per Totti. E non è giusto affermare che Totti sia cambiato per Zeman. La verità è che Zeman e Totti si sono aiutati a vicenda, andando l’uno verso l’altro, sulla fiducia, per il bene superiore: la Roma. (...)

SCHEMA AD HOC - Non si era mai vista una squadra di Zeman giocare in questo modo. Non si parla di livello dello spettacolo, si parla di interpretazione della partita. , al debutto contro il Catania, aveva giocato da esterno sinistro puro, «troppo attaccato al fallo laterale» come ha osservato l’allenatore, senza riuscire quasi mai a scollarsi dalla linea. Contro l’Inter invece, con la complicità della scarsa aggressività degli avversari, è stato padrone del gioco. Era ovunque e chiunque. Era la Roma. Né attaccante, né ala, né mediano: un tuttocampista d’altri tempi. Senza entrare nel merito dei valori assoluti, ricordava Valentino Mazzola o Alfredo Di Stefano per la sua centralità nel mezzo di ogni idea. Punto di riferimento insostituibile, calamita di palloni e calamità per il nemico, precisissimo nelle scelte: le statistiche della Lega hanno registrato 60 passaggi riusciti, compresi gli assist vincenti per e Osvaldo. 
 
IL COLLOQUIO - «Per me in questo ruolo Francesco è più efficace e più utile alla squadra, altrimenti lo farei giocare centravanti» ha ripetuto sabato Zeman. Che però ha dovuto convincere a seguirlo. I due affrontarono l’argomento una prima volta durante le vacanze in un pranzo informale sulla Laurentina. «Da centravanti prendi troppi calci - spiegò Zeman -  se vuoi giocare ancora tanti anni è meglio se ti allontani dalla porta» . all’inizio era un po’ perplesso, perché era concentrato sull’idea di polverizzare tutti i record realizzativi. Ma piano piano si è adeguato e adattato, con spirito di servizio e allenamenti mirati, al nuovo ruolo che gli lascia libertà totale di movimento nelle zone del campo in cui i difensori non picchiano duro. 
 
MODULO - E’ cresciuta, in pratica, una Roma che gioca con il quattro-tre--due, dove la genialità del fantasista non viene offuscata dalle gabbie tattiche. va semplicemente dove lo portano la classe e l’intuito, senza mai perdere di vista il fulcro della partita. Non tira quasi mai in porta - anzi, a San Siro mai - ma manda gli altri in buca. Tutto studiato. Rivedetevi l’immagine televisiva del colloquio con Osvaldo prima che ricominciasse il secondo tempo. Forse quella stilettata in verticale che ha partorito il 2-1 è stata concepita lì.  «Ci siamo d’accordo. O segnavo io, o segnava lui. Sono contento che sia toccato a Daniel» ha ammesso , che già ieri pomeriggio è tornato a lavorare con impegno a Trigoria perché ha capito che a 36 anni non si può rifiatare:  «Stiamo raccogliendo il frutto del lavoro estivo, della preparazione atletica. In questo momento le gambe vanno ed è tutto più semplice. Con questo modulo mi trovo benissimo: contro l’Inter ho giocato in mezzo al campo e i risultati si sono visti»
 
UNICITA’ -  Un così, però, stupisce anche chi lo ammira dall’inizio della carriera. Perché alla qualità sempre purissima dei tocchi ha aggiunto un’inesauribile disponibilità al lavoro di recupero palla. Negli ultimi minuti della partita, quando la Roma era sul 2-1, andava a pressare Castellazzi sui retropassaggi dell’Inter.  «Nemmeno 13 anni fa correva così tanto»  osservò Zeman dopo l’amichevole di luglio a Vienna, in cui aveva chiesto a di fare il tuttocampista, a disposizione degli inserimenti altrui. Evidentemente non era uno dei suoi paradossi ma la verità. Nella notte della consacrazione nello stadio più affascinante d’Italia, davanti all’amico Stramaccioni, è arrivata una conferma di salute e freschezza atletica. (...)