GASPORT (L. GARLANDO) - La Roma che ha schiantato l'Inter in casa sua (3-1) e ha mostrato il suo biglietto da visita al campionato pare la saggezza imparata da Zeman dopo una vita di battaglie ai mulini a vento. Un tempo costringeva i campioni a vestire la corazza di uno schema e se non aveva grandi solisti era meglio
Limiti C'era il sospetto che le sofferte prove casalinghe dell'Inter in Europa League non fossero solo causa di motivazioni spente e che le meraviglie offensive avessero nascosto certi limiti. Una Roma che ha giocato da squadra con tanta qualità ha smascherato i difetti dei nerazzurri. Al momento, l'Inter dipende troppo dal genio bizzarro di Sneijder: se si accende è una storia, se dorme, come ieri, è un'altra. Il grande potenziale offensivo rischia di diventare una polveriera senza una miccia da innescare. Serve più qualità all'origine dell'azione e una logica di gioco più organica per non vedere due squadre in una, troppo lunga: una che difende staccata da quella che attacca. Troppi anche 7 gol a San Siro in 3 partite.
Fasce nuove La partita è passione senza preliminari. Zuffa a centro ring senza studio. Bella. La Roma costruisce il vantaggio fin dai primi secondi, nel modo con cui occupa il terreno. La linea difensiva si stende a metà campo e mette radici. Il resto della squadra si srotola nell'accampamento nemico impedendogli di uscire. L'impeto giovane di Tachtsidis e Florenzi garantisce buona pressione. Eccola la variazione sul tema del calcio di Zeman. Non avendo gli amati esterni da corsa che attaccano la profondità e incrociano, il Boemo cambia strategia: invece di ripartenze e blitz fulminanti, invade in massa e fa delle fasce trampolini di lancio. Il gol del vantaggio al quarto d'ora è un manifesto ideologico: Totti riceve largo a sinistra e pennella al centro dove irrompe Florenzi con tutta la sua fame da ragazzino e spinge in rete da destra. Invece di correre gli esterni, corrono gli incursori centrali. In fascia si crea anche da fermi. Una variazione dettata dall'organico, ma il calcio di Zeman, fatto di pressione, organizzazione e ossessione offensiva resta riconoscibile.
Bene Pereira L'Inter, sorpresa dall'aggressione, fatica a salire e a permettersi il solito possesso. Manca qualità alla fonte del gioco, dove Gargano, ottimo guerriero, può assicurare dignitosa circolazione, ma poca verticalizzazione. Fatica a trovar palla Sneijder, soffocato dalle linee della Roma, sempre corta. Stramaccioni ottiene il meglio dalla spinta di Guarin e dell'esordiente Pereira (preferito a Cambiasso), ma per far male a questa Roma serve altro. Una cosa su tutte, come sempre contro Zeman: far correre gli attaccanti alle spalle della difesa altissima. Ma stasera manca lo specialista (Palacio) e mancano i lanci di Sneijder, irriconoscibile. Non è un caso che quando all'olandese riesce una cometa e Cassano finalmente offre profondità, l'Inter pareggia (47').
Treccani Il primo quarto d'ora della ripresa illude i nerazzurri. La Roma ha speso tanto e perso De Rossi e Balzaretti. Il popolo nerazzurro pensa: «Vuoi che una difesa di Zeman non ci spalanchi una voragine? Ora che c'è Palacio andremo a nozze...». E in effetti la voragine si spalanca, ci si infila Guarin, ma indugia e Castan salva. È l'episodio che poteva far girare la partita. Invece la svolta la dà Totti al 22' con un'illuminazione in verticale, piena di sapere come una Treccani. Osvaldo omaggia il capitano scucchiaiando il pallone in rete. Lo stesso Osvaldo poi assiste Marquinho che timbra il 3-1 con un raffinato diagonale (36'). Notate: altro assist dalla fascia, dove si crea anche se si corre meno di un tempo. Notate un'altra cosa: Marquinho è uscito dalla panca, dove Zeman ha tante soluzioni. Altra ragione per temere questa Roma, che corre fino alla fine. È più stanca l'Inter, con tutti i suoi muscoli, perché ha corso male, lunga e confusa. Su questa lezione ricevuta dal maestro Zeman, l'allievo Stramaccioni dovrà ragionare e lavorare a lungo.