CORSPORT (A. SANTONI) - Sembra un'Era calcistica lontanissima. Una glaciazione, per il popolo giallorosso e per Luciano Spalletti, quel 18 maggio 2008, a Catania, con lo scudetto sul petto della sua Roma fino a un quarto d'ora dalla fine, prima che Ibra, allora nerazzurro, a Parma regalasse all'Inter il suo sedicesimo tricolore.
RELAZIONI Tutto gira intorno alla Roma, in un certo senso, nelle parole di Spalletti. La sorpresa del campionato? La Fiorentina di Montella, che lui conosce bene: «Non mi meraviglia che i viola giochino palla a terra. E' il sigillo di Vincenzo». La sorpresa tra i tecnici? Il romano Stramaccioni: «Lo conosco bene, dai comuni tempi giallorossi. E' bravo, ha personalità. Lo ha dimostrato nella gestione della cessione di Pazzini, assumendosene la responsabilità. Così ha tolto dall'imbrazzo la società e ha acquistato forza e rispetto dallo spogliatoio». L'arrivo di Capello in Russia da ct: «A uno come lui non si possono dare consigli, ha troppa esperienza, però ci siamo sentiti, abbiamo avuto scambi di idee, ma Capello non si lascia certo influenzare. Mi sembra sia arrivato con lo spirito giusto nel nostro calcio, dico nostro perché mi sento un po' russo». Poi un giudizio su Prandelli, altro ex tecnico della Roma, anche se per poche settimane: «Ha dimostrato di avere idee chiare. Ora ha puntato sui giovani: il suo lavoro darà grandi vantaggi al calcio italiano». Ultima valutazione su se stesso: «Io futuro ct della Russia? Non penso così in prospettiva: ora voglio vincere il terzo titolo di fila in Russia, e andare oltre gli ottavi di Champions».