GASPORT (F. CENITI) - «C'è una cosa che non rifarei se potessi tornare indietro: accettare controvoglia il patteggiamento. Non si patteggia l'innocenza anche se gli avvocati ti consigliano di farlo perché è un'opportunità e i rischi del dibattimento son
Ha fiducia nei giudici che dovranno valutare il ricorso?
«Sì, sono convinto che leggeranno le carte con attenzione evitando, con il proscioglimento, un'ingiustizia. Ho la coscienza a posto, non penso possa dire lo stesso chi ha gettato fango su di me. Sbaglio o parliamo di un ex giocatore che ha ammesso di aver truccato partite per anni? Per carità, il fenomeno del calcioscommesse va stroncato. Ma non si può squalificare una persona in questo modo, senza nessun riscontro. Chiunque può alzarsi, puntare il dito su qualcuno e mandarlo al macello. Dei giudici ho fiducia, del sistema meno».
Ci spieghi meglio.
«Un passaggio è fondamentale: se per assurdo avessi ammazzato delle persone, il tifoso juventino sarebbe lo stesso pronto a difendermi. Per gli altri accade il contrario. Ma questa storia va al di sopra delle fazioni. Voglio che la gente sappia che una cosa così può capitare a chiunque. Per questo quando le Procure avranno finito le indagini, penso che la Federcalcio debba chiedersi se le regole attuali del processo sportivo siano rispettose della difesa di un tesserato e delle società quotate in Borsa. Credo si possa coniugare la lotta alle combine con un dibattimento meno sommario: vi sembra normale quello dove i difensori non hanno la possibilità almeno di controinterrogare un pentito considerato credibile anche quando si contraddice in modo evidente? I collaboratori sono tutelati in modo spropositato».
Si ricorda che cosa ha provato quando per la prima volta ha sentito il suo nome associato al calcioscommesse?
«Quasi mi mettevo a ridere. L'avevo presa alla leggera. Tutto cambiò con la perquisizione».
Arrivata poche settimane dopo lo scudetto vinto. In una conferenza stampa aveva usato parole dure contro la Procura di Cremona. A distanza di quasi tre mesi che cosa si sente di dire?
«Solo io so il dolore che ho provato quel giorno. Non ero in casa, ma c'erano mia figlia piccola e sua nonna. Sa che cosa ha detto un poliziotto a mia suocera che domandava perché? Lo chieda a suo genero il perché. Ha detto così, in modo quasi sprezzante. Ecco, non avendo fatto nulla non potrò mai dare una risposta a mia suocera. Gli avvocati mi hanno spiegato che quello era un atto dovuto, ma questo non lenisce una ferita che resterà aperta per tutta la vita».
Alla Gazzetta il pm di Martino ha detto che la sua posizione (indagato per associazione per delinquere) dovrebbe essere archiviata. E che la credibilità di un pentito va valutata caso per caso. Crede che la giustizia sportiva lo abbia fatto?
«Non avendo trovati riscontri alle accuse, la logica imporrebbe un proscioglimento. E la giustizia deve avere una logica. La storia insegna che i nomi eccellenti alzano il valore della collaborazione e magari permettono patteggiamenti stracciati a chi accusa».
Lei si dichiara innocente. Perché la gente dovrebbe crederle? Perché Carobbio avrebbe deciso d'inventarsi le accuse per le gare con Novara e AlbinoLeffe? Gli aveva negato un permesso per assistere alla nascita della figlia: basta a spiegare tutto?
«Anche qui fatico a trovare una risposta. Certo, tornassi indietro valuterei con più attenzione quella richiesta. Il parto è un momento importante nella vita di una coppia».
Secondo Carobbio lei avrebbe annunciato il pari combinato durante la riunione tecnica, davanti a tutta la squadra...
«Accusa insensata: sarei stato così fesso da rendermi ridicolo e ricattabile da 25 giocatori? Lo stesso Carobbio fa riferimento al mio discorso: intenso e carico di motivazioni. E dopo averli spronati per lui avrei concluso dicendo "comunque pareggiamo"? Ma che senso ha?».
Gli altri compagni, con testimonianza giurata, hanno smentito questa versione, ma il deferimento per omessa denuncia è arrivato solo allo staff tecnico. Per i legali scelta poco comprensibile.
«Io vado oltre: è impossibile da capire».
Gervasoni, altro pentito, sostiene che la gara col Novara è stata combinata da alcuni giocatori prima dell'inizio. Carobbio dà la stessa versione per due volte a Cremona, poi davanti a Palazzi cambia e l'accusa. E' una delle incongruenze su cui insiste la sua difesa.
«Mi faccia spiegare l'importanza del fatto: due pentiti ritenuti credibili raccontano cose diverse su Novara-Siena. Non avendo altri riscontri, una versione annulla l'altra. E poi Carobbio ha continuato a cambiare le sue dichiarazioni in modo camaleontico, altro che arricchimenti come li ha definiti Palazzi. L'ultimo aggiustamento è arrivato, guarda caso, tre giorni prima della mia audizione. Carobbio in realtà non è un vero collaboratore, ma un soggetto che si sta difendendo. Se vuole posso fare degli esempi».
Prego.
«Dice a Palazzi di aver interrotto i rapporti con gli slavi perché a Siena non voleva combinare le partite e invece si sentiva con loro, anche prima delle gare, con una scheda taroccata. Il suo filo conduttore è chiaro: cercare di spostare l'attenzione su altri. Senza dimenticare che faceva da tramite anche sul fronte Bari».
Resta il fatto che per la Procura di Cremona ci sono 8 partite sospette del Siena da lei allenato. Non ha mai avuto nessun dubbio?
«Non solo non ho avuto sentore, ma faccio presente una cosa. Bisogna capire quello che è il mio rapporto con squadra e collaboratori: non sono amico dei giocatori, i ruoli sono ben separati. C'è sempre stato un timore reverenziale nei miei confronti. E' un rapporto intenso, ma funzionale a un obiettivo. Fuori dal campo ognuno ha la propria vita. Ecco perché quel tipo di notizia non poteva mai arrivarmi e così sarà per il futuro. Se qualcosa è avvenuto, è successo alle mie spalle».
La combine con l'AlbinoLeffe coinvolge il suo ex collaboratore Stellini: ha patteggiato la squalifica, ammettendo di aver chiesto a Carobbio di contattare gli avversari. Per la giustizia sportiva lei non poteva non sapere...
«Sono rimasto allibito dinnanzi a questa motivazione: non dimostra nulla. E' proprio la separazione dei ruoli a spiegare le cose. Stellini mi ha tenuto all'oscuro perché sapeva bene quale sarebbe stata la mia reazione. E' vero, ho un carattere difficile. Per una volta dovrebbe essermi d'aiuto. E invece...».
E' rimasto deluso da quello che ha fatto Stellini?
«Mi sono arrabbiato molto con Cristian. Mi spiace averlo perso come assistente. Sta vivendo un momento difficile: dando le dimissioni ha dimostrato senso di responsabilità. Dal punto di vista umano l'affetto resta, è chiaro che i suoi comportamenti mi hanno messo in difficoltà e danneggiato».
Palazzi le contesta altri due passaggi: avrebbe messo fuori rosa Mastronunzio perché si sarebbe rifiutato di «dare» la vittoria all'AlbinoLeffe; Carobbio racconta che lei avrebbe lasciato ai giocatori la scelta se fare o non fare quella combine.
«Mastronunzio non era più titolare da marzo per scelta tecnica e poi nelle ultime gare non potevo utilizzarlo perché si era fatto male. Quanto alla seconda accusa, cade tutto a monte: dei movimenti tra Stellini e Carobbio non sapevo nulla. Di cosa dovevo discutere?».
A proposito di Stellini: dalla Procura di Bari emergono particolari inquietanti anche nel periodo in cui lei allenava lì. E' tranquillo?
«Certo. Queste notizie le ho apprese dai giornali, nessuna comunicazione dai giudici».
Le indagini di Cremona, Bari e Napoli hanno portato alla luce un calcio malato. Il gip Salvini ha puntato il dito sui giocatori: mentalità sbagliata e consuetudine di «regalare» partite, specie a fine stagione, sono terreno fertile per gli illeciti.
«A obiettivi raggiunti, un rilassamento è naturale. Ma questo non vuol dire permettere a dei criminali di rovinare il calcio».
Quindi «meglio due feriti di un morto» è un'uscita infelice?
«Se la frase è riferita a una situazione sportiva, dove ognuna delle squadre in modo autonomo e tacito cerca e trova un risultato gradito, ci può stare. Se invece la intendiamo come una pianificazione del risultato, è inaccettabile».
Parentesi calcistica. Da Juve campione a sorpresa a squadra favorita: Supercoppa e Trofeo Berlusconi sono un buon inizio...
«Siamo partiti col piede giusto. Vincere aumenta la consapevolezza e arricchisce la bacheca. Il triangolino sulla maglia ci responsabilizza, ma è il ruolo naturale della Juve. La Champions? Puntiamo a essere competitivi su ogni fronte».
Contento della campagna acquisti?
«Per ora, sì. Abbiamo fatto quello che avevamo programmato. Ora c'è da completare la rosa. Chi scelgo tra Llorente e Dzeko? C'è sintonia con Marotta. Il top player non deve essere solo per il costo. Qualcuno arriverà».
Il Milan senza Ibra e Thiago Silva sembra indebolito, l'Inter non ha fatto follie sul mercato, la Roma potrebbe perdere De Rossi.
«In un momento di crisi economica, noi tecnici abbiamo una grande opportunità: dimostrare che le idee e l'organizzazione di gioco possono colmare il gap, soprattutto con le straniere».
Mazzarri afferma che un intenditore di calcio non potrebbe mai considerare meritata la vittoria della Juve a Pechino?
«Ognuno vede le cose a modo suo. Sento dire anche che la Juve attuale si è ispirata a Mazzarri. Si possono copiare i numeri, ma di sicuro è molto diversa la mentalità, il modo di affrontare la gara, la voglia di essere propositivi, i principi di gioco. Devo continuare?».
Aveva dato il bentornato a Zeman in A. Ha cambiato idea...
«No, lo aspetto. Vedrò il verdetto del campo».
L'Italia è arrivata a una insperata finale nell'Europeo: per molti il merito è anche suo e dalla mentalità inculcata ai giocatori.
«Prandelli penso abbia fatto bene ad affidarsi a un blocco che aveva fatto cose ottime in campionato, basandosi su una precisa cultura del lavoro. Poi il c.t. ci ha messo del suo. Mi è piaciuto vedere una Nazionale propositiva. La Spagna, però, resta il modello da seguire».
Si è parlato di sue possibili dimissioni e divisioni nel club...
«Nella tristezza della vicenda il grande aspetto positivo è che tutti all'interno della società mi sono stati vicini umanamente, supportandomi in ogni momento. Mai pensato a dimettermi e neanche John Elkann, il presidente Agnelli e il direttore Marotta hanno mai preso in considerazione questa ipotesi».
Sabato inizia il campionato della Juve... E il suo?
«Ribadisco l'ennesima fiducia nei giudici, la mia presenza in aula era proprio un segnale di rispetto verso di loro. Ho annusato l'aria di questo processo, ho ascoltato i miei avvocati e la controreplica di Palazzi. Da quello che ho sentito sono molto sereno e fiducioso: contro il Parma conto di ritornare in panchina».