IL ROMANISTA (G. MANFRIDI) - Grande dilemma giallorosso: con quale trepidazione dobbiamo accostarci allatto finale, e allapparenza esangue, di questo campionato? Con quale spirito ci toccherà assistere a un Cesena-Roma che nulla potrà più darci in termini di piazzamento per lEuropa? Con quali palpiti, con quale fomento, con
Motivo per cui spero che il crollo della tensione agonistica legata alla classifica induca la squadra a operare affinché un doppio traguardo tanto prestigioso possa iscriversi allinterno di unannata per il resto assai poco generosa di momenti per noi esaltanti. Semmai la cosa dovesse avvenire, suggerisco a chi cura il merchandising della Roma, e dunque la confezione delle bandiere da sventolare allo stadio, di aggiungere questi record individuali agli stemmi degli scudetti vinti e delle varie Coppe Italia conquistate. Sì, come se si trattasse di autentici trofei da sollevare in alto braccia al cielo. Cosa che di fatto sono, poiché, Nazionale a parte, nulla di quanto realizzato da Totti su un campo di calcio è mai stato estraneo allorbita romanista, né mai lo sarà. Insomma, io domenica sera vivrò la partita con un pathos che vorrei fosse di tutti, pronto a esplodere in un giubilo se possibile, doppio - vero e condiviso. E vorrei che questo auspicato doppio giubilo fosse anche di Luis Enrique (cosa di cui peraltro non dubito), al quale lo stesso Totti ha dedicato frasi che non possono essere ignorate. Vorrà dire qualcosa o no se un campione della sua statura desidera che lasturiano torni a riflettere su una decisione che sino a pochi giorni fa sembrava essere stata presa in modo irrevocabile?
Io di Totti, quando parla di calcio e della Roma in particolare, mi fido come di un oracolo, anche perché raramente quel che ha detto lo abbiamo visto smentito dai fatti. Sembrerà strano, ma proprio ora che per quanto ci riguarda la stagione va a sigillarsi con una sgradevole lista di segni negativi, il mio personale voto a favore di una conferma di Luis Enrique sulla nostra panchina si fa ancora più certo e meno generico. Sarà forse perché i tanti argomenti che ci hanno visto in conflitto lun con laltro a seconda del sali e scendi a cui ci ha sottoposto il campionato iniziano a configurarsi in modo più omogeneo. In buona sostanza, avverto una sensazione comune per cui è solo adesso, a conclusione di tutto, che ci troviamo a toccare con mano quelli che sono stati e che sono i limiti di una squadra più che quelli di un allenatore, e ritengo che tanti discorsi sommersi o a malapena allusi ci dicano come le ribadite perplessità del tecnico a proposito della sua permanenza a Roma sia proprio lì che vanno a concentrarsi, nella preoccupazione di dover gestire nuovamente un gruppo dalle carenze ormai conclamate.
Non è un mistero per nessuno che lo stesso Sabatini, riferendosi al mercato di gennaio, abbia fatto un mea culpa a cui dobbiamo dar credito. A questo punto, è in gioco una catena di fiducie reciproche: quella nostra in Totti, quella di Totti (e con lui di quasi tutta la squadra) nello spagnolo, e, infine, quella dello spagnolo in una dirigenza che, al pari del Capitano, si fida con tanto integralismo di lui. Se la catena terrà, e se il cerchio sarà in grado di saldarsi, confido a mia volta in un futuro ben diverso da un presente che è quasi del tutto passato. Già, quasi ma non del tutto; per archiviarlo in via definitiva manca appunto qualcosa: la partita di domenica prossima, che potrebbe far finire Francesco, una volta di più, in doppia cifra, e soprattutto, con due soli nomi davanti a lui, quello dellirraggiungibile Piola, e del raggiungibile Nordhal. Nordhal, calciatore stratosferico! Sicché, degno di chi lo sta inseguendo, e che non è meno stratosferico di lui. Quanto a Piola, eroe di un calcio avvolto dalle brume di unepoca remota e farcito di risultati iperbolici, a tratti mi permetto di formulare deliranti dubbi sulla sua presunta irraggiungibilità. In fondo, se Totti a Cesena dovesse farne più di due, chi può mai dirlo? Perché mettere dei limiti alla Provvidenza incarnata dal nostro capitano?