TRS (A. CIARDI) - 1 miliardo di euro l'anno. E' quanto il calcio italiano, alla voce tasse, versa nelle casse dello Stato. Il Premier Mario Monti ha espresso un desiderio, che covava già da qualche anno: chiudere il calcio per almeno due anni. Affinché si arrivi a una riflessione collettiva dei cittadini determinata dagli scandali legati al pallone nostrano, e ai soldi pubblici (?) di cui i club professionistici.
1 miliardo (e 30 milioni per esattezza) di euro incassati dallo Stato grazie alla contribuzione diretta (Iva, Ires, Irap e ritenute sul lavoro dipendente e autonomo), indiretta (scommesse) e previdenziale (ENPALS).
Cifre imponenti che negli anni hanno portato le società più importanti a fare i conti con passività di bilancio e indebitamento con istituti di credito riconducibili alla malagestione manageriale dei club stessi. Anche a causa di ritardi atavici causati stavolta anche dallo Stato, sulla possibilità di implementare il fatturato grazie alle strutture di proprietà, che in altri Paesi permettono di diversificare gli introiti.
Se il calcio puzza dalla testa, quantomeno sorprende che chi è chiamato, per meriti acquisiti, a svegliare dal coma un Paese, si sia reso protagonista di una esternazione simile. Laddove va considerato l'indotto che il calcio crea, il numero di famiglie non privilegiate da ingaggio monstre (quelle dei calciatori e dei massimi dirigenti) che direttamente o indirettamente 'campano' grazie al calcio. Rimarcando che gli stessi calciatori, considerati legalmente 'prestatori d'opera', con onori e oneri tipici di una moltitudine di lavoratori per i quali nel nostro Paese nessuno auspica la chiusura del loro settore professionale.
Buccia di banana? Inconsapevolezza? Idea convinta partorita dopo un'analisi approfondita? Apparentemente l'esternazione di Mario Monti sembra un'uscita di pancia che quantomeno andrebbe discussa nelle sedi opportune. Non per capire se sia giusto chiudere il calcio (impossibile e inammissibile per i motivi ovvi). Ma per capire quali sarebbero i soldi pubblici che i club otterrebbero. Da non confondere coi fondi distribuiti tra le federazioni affiliate al Coni che però non foraggiano il movimento dei calciatori da una squadra all'altra. Ma servono per le strutture, spesso di base, destinate alla formazione sportiva dei cittadini.
Chiudere il calcio perché c'è chi indirizza i risultati di alcune partite. Invitare la gente a non spendere perché c'è crisi. La strategia del terrore porta il Paese a spirare e non a respirare.