IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) - Era il 17 agosto 2007 quando la Fiorentina, attraverso le parole di Pantaleo Corvino, annunciò lacquisto, per 4 milioni e mezzo, di Pablo Daniel Osvaldo. Veniva da Lecce, Zeman era stato il suo maestro, a 21 anni aveva tutta lintenzione di spaccare il mondo: «Il mio mito è Batistuta - disse - sono qui per fare almeno la metà di quanto ha fatto lui e voglio ripagare la fiducia della Fiorentina ». La storia racconta di 21 presenze e appena cinque gol, due dei quali storici contro Juventus e Torino. Si sa tutto, specie su quella rovesciata
on la Roma dovrebbe fare il bis. A partire da oggi pomeriggio, quando allOlimpico ritroverà proprio la Fiorentina. E sarà la prima volta da giallorosso. Allandata non cera. E anche in questo caso si sa tutto: la lite con Lamela a Udine, uno schiaffo di troppo, lesclusione voluta da Luis Enrique per il mancato rispetto del codice etico (e soprattutto del compagno), lamarezza sua e degli altri calciatori, che provano fino allultimo a convincere il tecnico a ripensarci. Il perché è semplice e presto detto: Osvaldo è uno dei leader della Roma. Lo è diventato presto. Fin dai primi giorni. Carattere spigoloso ma, dicono, assai generoso, una devozione incredibile per i compagni («per loro vado anche in guerra», ha detto due giorni fa) e una ancora maggiore per quel Santo giocatore che si chiama Francesco Totti. Osvaldo stravede per lui. Nei (pochi) ritiri che fanno stanno sempre insieme, si sentono spesso, litaloargentino racconta sempre quanto si senta fortunato a giocare con lui. Lassist che gli ha fatto contro lUdinese lha fatto felice più del suo gol, in allenamento a volte lo sfida e a volte ci si confida. Sono amici, espressione spesso abusata nel mondo del calcio. E lo saranno anche in futuro. Anche questo Osvaldo racconta spesso. Non è uno che riesce ad essere diplomatico: non lo è con la stampa, non lo è neanche con i tifosi. Quando non ha gradito i fischi contro lUdinese lo ha dimostrato (vedi il dito davanti alla bocca dopo il gol) ma è il primo ad essere consapevole della loro importanza. Dopo la sconfitta di Torino ha voluto parlare e si è rivolto direttamente a loro. In modo schietto, come sempre. «So che sono delusi e lo siamo anche noi. Ma mancano cinque importantissime partite alla fine della stagione, chiediamo di appoggiarci ancora». Oggi la risposta. Magari la gente fischierà prima della partita, come un innamorato tradito, poi durante i 90 minuti sosterrà la Roma. Lamore va così.
E di amore ce nè tanto anche nella storia tra Osvaldo e la Fiorentina. Firenze gli ha dato una compagna e una figlia, Firenze - forse - è la città dove vivrà quando smetterà, ci torna spesso. E la squadra di cui voleva diventare il re, se non come il Re Leone quasi. La mitraglia, un passato comune, i capelli lunghi, gli occhi chiari e la cattiveria. Ne hanno in comune di cose, Osvaldo e Batistuta. Questultimo, come ammesso a Sky un paio di giorni fa, segnava «qualche gol in più» ma Pablo Daniel, per tutti Dani, sembra essere sulla strada giusta. Quando con la Roma Batistuta ha affrontato per la prima volta la Fiorentina cè stato tutto: la personalità, la grinta, la cattiveria, un gol stratosferico e importante. E le lacrime. Perché i grandi amori mica se ne vanno così, da un giorno allaltro. A Osvaldo oggi non si chiede di ripetere tutto quanto, ma si chiede quantomeno di mettere in campo quella personalità che lui stesso, dopo Lecce, ha assicurato di avere. Conta solo questo e conta solo la Roma (occhio, quindi, anche ai cartellini gialli vista la diffida). Tutto il resto, a partire dai ricordi, è noia