Luis Enrique parla di addio

26/04/2012 alle 09:53.

CORSPORT (R. MAIDA) - Un’immagine racconta la rassegnazione di un uomo: esauriti i gesti di scaramanzia, Luis Enrique ha chiuso la sua partita sulle ginocchia. E’ rimasto immobile, a bordocampo, a venti centimetri dal prato, appoggiato ai muscoli delle gambe. Fissava il nulla dello sfacelo mentre la Fiorentina festeggiava il

CONTINUARE - Aveva promesso di dimettersi in caso di richiesta esplicita dei tifosi. Ma anche dopo la quattordicesima partita persa in campionato e la rumorosa contestazione, tira dritto. Lo fa alzando la voce, battendo i pugni sul tavolo della sala stampa dell’Olimpico, come se volesse difendere la squadra contro ogni evidenza. «Sarebbe troppo facile andare via adesso - chiarisce -  invece io devo stare vicino ai giocatori. E alla società, che comunque vadano le cose ha un grande futuro davanti a sé perché ha qualcosa di diverso dalle altre. Non è questo il momento di distruggere nulla, adesso devo cercare di portare la Roma in Europa» . Ormai resta solo quella di serie B, come obiettivo:  «Alla è inutile pensare ormai, dobbiamo pensare ad arrivare più in alto possibile e a entrare almeno in Europa League» . E sarà molto difficile conquistarla, visto che la Roma è scivolata al settimo posto. Oggi come oggi, è fuori da tutto. Quindici anni dopo l’ultima volta (1996-97). 
 
SFIDA - La sensazione è che la Roma e Luis Enrique andranno avanti soltanto per le prossime quattro partite. Poi, si separeranno. E’ lui a sussurrarlo tra le righe, nel corso della solita arringa contro i giornalisti:  «Se non vi piaccio non me ne frega niente, non andrò via per accontentare voi. Me ne andrò quando lo deciderò io. E da questo punto di vista potete stare tranquilli: manca un giorno in meno al mio addio. Per fortuna vostra, 

niente è eterno. Io non ho mai parlato di progetto. Mi hanno chiamato e io sono venuto qui a fare il mio lavoro. Non scappo adesso. L’allenatore della Roma si alzerà come sempre alle 9 per cercare di preparare la partita con il » . Ieri, durante il solito confronto con i dirigenti, gli è stata rinnovata la fiducia. Ma è Luis Enrique a non essere più tanto convinto di rimanere: a Baldini ha garantito solo che non mollerà in questo finale, non una permanenza a tempo indeterminato.  «Non ho deciso cosa farò dopo la fine del campionato - ammette -  aspettiamo le quattro partite che restano» . Non aveva mai manifestato pubblicamente incertezza. E’ il segno che qualcosa nella sua testa si è slacciato dalla Roma.

L’ANALISI - Della partita con la , c’è poco da salvare:  «Nel primo tempo non c’eravamo, non siamo riusciti a entrare in partita. Non so perché. Forse la situazione che si è creata, con tanto pessimismo intorno, ha bloccato la squadra. Di sicuro i giocatori hanno perso fiducia: alla fine erano molto tristi. Peccato perché nel secondo tempo abbiamo giocato a un livello altissimo» . Non sente di avere la squadra contro, anche se aggiunge:  «Io credo che tutti mi seguano. Poi bisognerebbe chiedere ai giocatori se è vero. Mi sembra però che ci siano delle difficoltà nel recepire quello che chiedo. E’ colpa mia di tutto. Sono io il responsabile, lo sapete» . Si è complicato la vita da solo, inserendo il giovane Tallo al posto di Heinze e schierando in difesa Taddei e . Una tattica suicida che ha consegnato la vittoria alla :  «Non potevo mettere mica Bojan e Lamela, che erano squalificati... Ho inserito una punta perché volevo vincere. Io voglio sempre vincere. Rifarei questo cambio centomila volte» . La filosofia del . Solo che anche il qualche volta perde. Figurarsi questa Roma:  «Non è una bella giornata né per me né per Guardiola. Ma la vita continua. Non smetteremo di credere nel nostro lavoro» . Anche perché uno striscione della ( «Un uomo vero in un mondo di falsi: Adelante Luis» ) svela che parte dei tifosi gli vuole ancora bene:  «So di essere un uomo vero perché certi valori mi sono stati inculcati dai miei genitori. Ma adesso devo diventare un allenatore vero» . Cosa gli manca per esserlo?  «I risultati» . E basta.