IL TEMPO (T. CARMELLINI) - Nel giorno dell'accordo con il fantastico mondo di Disney forse i tifosi romanisti si aspettavano uno spettacolo diverso all'Olimpico. La Roma gioca invece una mezza partita che non riesce a trasformare in storia meravigliosa, ma che ha comunque un lieto fine. Contro il mediocre Genoa di Marino
Luis Enrique non fa sorprese, Taddei vince il ballottaggio con Rosi in difesa, Greco quello a centrocampo con il nuovo arrivato Marquinho. In campo va la Roma annunciata alla vigilia, senza Totti e Pjanic infortunati e con il rientro da titolare di Osvaldo al quale bastano tre minuti per rompere un digiuno lungo ottantanove giorni e portare a otto i suoi gol con la maglia giallorossa. C'è la sua firma sul gran gol che porta avanti la Roma e mette la gara in discesa. Il cronometro non ha ancora completato il terzo giro, che l'oriundo trasforma l'ottima apertura di Greco in perla: parte sul filo del fuorigioco, stop e dribbling su Rossi con palla imprendibile per Frey. Il Genoa non ha ancora capito dove si trova e accusa il colpo, i giallorossi arrivano da tutte le parti e hanno almeno un altro paio di occasioni per chiudere il discorso.
Ma come fin troppe volte visto quest'anno il gioco della Roma non produce il meritato allungo. Osvaldo è in serata, prima prova una rovesciata in area che sbatte però su Kaladze, poi rabona che mette palla nel mezzo: ma la difesa ligure chiude bene. Ci provano più o meno tutti: Greco da fuori (bene Frey), poi Kjaer da due passi (perde tempo e tira alto), quindi ancora Osvaldo lanciato da Taddei ma forse convinto di essere in fuorigioco (male a lato) e infine De Rossi dalla distanza (altra bella cosa di Frey). Insomma la partita è saldamente nella mani della Roma, complice anche la pochezza del Genoa, ma gli uomini di Luis Enrique commettono l'errore di non chiuderla e nel finale della prima frazione rischiano grosso almeno in un paio di occasioni.
La strigliata dell'intervallo sembra produrre effetto sulla Roma che riparte bene: ma è solo l'ennesima illusione. I giallorossi continuano a sbagliare sotto porta e trovano Frey sempre pronto: prima si oppone a Lamela, poi non abbocca sul pallonetto di Borini. Luis Enrique cambia: fuori un Lamela poco concreto, dentro Bojan e lo spagnolo ha subito l'occasione per chiudere la gara che sbaglia però clamorosamente. Bello lo stop sul lancio profondo a scavalcare la difesa di De Rossi, inguardabile il tiro in porta. Così, come già accaduto nel primo tempo, la Roma si espone al contropiede del Genoa e rischia di non vincere una partita assurda. Prima Veloso da fuori costringe Stekelenburg ad alzare sopra la porta, poi Palacio grazia la Roma: lancione dalla trequarti di Jorquera, Palacio sfila alle spalle di Kjaer (prima dormita della serata), stoppa il pallone ma incredibilmente da solo spara sulla traversa. Il cuore si ferma in petto ai 35mila dell'Olimpico, ma lo spavento non serve alla Roma che chiude in evidente affanno. I tre fischi del mediocre Giannoccaro arrivano così come una liberazione: tre punti non bellissimi ma importanti per testa e classifica. Ora palla lunga e pedalare... verso il Milan che non è il Genoa e sabato a San Siro servirà tutta un'altra Roma.