GASPORT (F. CARUSO) - Vincenzo Montella è un anglosassone nato per sbaglio a Napoli: puntuale come pochi, mai esagerato e folcloristico, armato di unironia sottile. Legato però alla sua terra come alle sue origini, figlio di un falegnameche ringrazia per leducazione che gli ha permesso di essere quello che oggi è. A Catania vive sul mare,
Montella, sorpreso o frastornato da tanto clamore? «Magari non proprio così tanto, ma ero convinto che avremmo fatto bene. Il resto è consequenziale, anche se io ho uno strano carattere: non riesco a godere appieno dei successi, da calciatore è stata la mia fortuna perché mi ha impedito di adagiarmi sugli allori».
Che differenza cè fra lesultanza dellaeroplanino e quella più contenuta del tecnico? «Pure da giocatore ero moderato nei festeggiamenti, solo 2 volte sono andato sotto la curva dellOlimpico nonostante avessi un rapporto molto intenso con gli ultrà».
Ha mai ripensato a una lite con un tecnico dandosi dello sciocco, col senno di poi? «Ho avuto qualche dissapore, ma sempre con civiltà».
Anche quella volta che a Napoli scalciò una bottiglietta contro Capello? «Guardavo lui,matirai in unaltra direzione e in quel momento era giusto farlo».
Cosa le aveva fatto Capello per meritare la sua reazione? «Mi aveva preso in giro per unora dicendomi che sarei entrato».
Quali sono i marchi di napoletanità che preferisce? «Eduardo, Totò, ma anche Salemme per lintelligenza, l'aristocrazia e la cultura che sanno esprimere ».
Teatro o cinema? «Teatro, ma non troppo impegnativo, a parte "Miseria e Nobiltà" del Principe Totò».
Libri o musica? «Preferisco leggere, anche se ultimamente sono molto preso dalla lettura calcistica. Nei ritagli di tempo sto leggendo lElogio della follia di Erasmo da Rotterdam. Impegnativo e affascinante ».
Piccoli sfizi, passioni, hobby? «Avevo una barca che tenevo ad Ischia, ora non ce lho più perché da 2 anni non faccio vacanze. E questanno lo stesso: mia moglie partorirà ad agosto, un maschio».
Che cosa pensa della Missione Paradiso di Legrottaglie? «Scelta rispettabile di un ragazzo equilibrato, che non impone nulla a nessuno».
Il suo rapporto con la fede? «Sono cattolico, mi è stato inculcato da mamma Giuseppina che da un anno non cè più. Mi costringeva ad andare a messa e io ogni tanto la ingannavo perché entravo solo alla fine, prima e dopo giocavo a pallone».
Tempo fa lei disse che Kosicky doveva diventare più cattivo, brutto messaggio, no? «Sì, è vero a volte abusiamo di questo termine, meglio parlare di furore, non di cattiveria».
É difficile evitare le proteste arbitrali? «Me lo sono imposto anche se a volte può far comodo. Bisogna sforzarsi di dare esempi positivi ai ragazzi. Una volta mio figlio, a 3 anni, si levò la maglia dopo un gol».
Più facile educare i figli di un falegname o quelli di un uomo di calcio ricco e famoso? «Penso quelli di un falegname perché lesempio è fondamentale e per un calciatore è più difficile, ma credo lo sia per tutti».
Cosa cambierebbe dellItalia? «Avvicinerei la politica ai cittadini, oggi le distanze mi sembrano eccessive, anche il linguaggio mi appare molto lontano dalla gente».
Lippi sostiene che lei dovrebbe migliorare nella gestione dei cambi, daccordo? «Se lo dice lui, bisogna credergli. Forse se avessi saputo in anticipo come sarebbe finita, avrei fatto altre scelte».
Il suo rapporto con le bugie? «Sono abbastanza sincero, preferisco una scomoda verità, non credo nelle bugie salutari, al limite pecco di omissione».
Come definisce la sua carriera calcistica? «Gratificante e difficile per i tanti interventi chirurgici,maho ricevuto molto».
La batosta sportiva che non dimenticherà? «La sconfitta contro la Francia nella finale dellEuropeo 2000, quando fummo raggiunti allultimo minuto perdendo ai supplementari ».
La batosta che nella vita non vorrebbe mai prendere? «Le difficoltà nei rapporti con moglie e figli, la famiglia per me sta al primo posto».
Cosa cambierebbe del calcio odierno? «Azzererei le polemiche e aumenterei lironia».
Nelle prime 2 gare con la Roma escluse Totti: un messaggio? «Sì, un segnale per far capire che tutti erano uguali».
Il 2 luglio 2009 lAeroplanino atterra: quanta fatica è costata la scelta di smettere di giocare? «Tre giorni di insonnia. Non volevo finire come certi campioni fischiati in periferia».
Il sogno? «Continuare a sognare, senza porre limiti ai sogni».




