Lo scienziato del calcio tra l’iPad e la palestra

04/03/2012 alle 11:07.

LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Un allenatore giovane e moderno, elegante ed esigente. Un uomo pratico e al tempo stesso un sognatore. Uno che scambia le sconfitte per un’occasione. Quando perde Luis Enrique dice: «Dobbiamo migliorare». E poi aggiunge: «Io per primo». È il suo mantra evoluzionista. O masochista: capita anche di migliorarsi peggiorando le cose.

Quando erano ancora a Brunico scherzando di lui diceva: «Pare Zichichi...». Scienziato sì, Enrique, ma calato nel quotidiano. Fin troppo, dice qualcuno. Si applica per migliorare ogni momento della vita dei suoi ragazzi: se sei vero, lo sei sempre, se sei un atleta non bevi caipirinhe, se vuoi correre più del tuo avversario è meglio che rinunci alla matriciana. Al bar di Trigoria sono spariti d’incanto cornetti, fagottini e sfogliatelle: al loro posto fette biscottate in confezioni da due. Prima ancora di diventare uno schema di gioco, il “progetto” di Luis Enrique Martinez , asturiano di Gijon, 41 anni, un fisico scolpito e una mandibola più asciutta e più appuntita di quella di Capello, è anzitutto lui, Enrique in persona. Quello che chiede ai suoi giocatori l’ha già chiesto se stesso. Il suo è un corpo sperimentale, fette biscottate comprese. Con lo spirito lega Coelho e Cervantes. Arriva due ore prima degli altri per preparare l’allenamento (sull’iPad) col Cabanellas e il tattico Lopez e forse per questo non sopporta il ritardo di due o cinque minuti del suo giocatore più importante, , tanto da escluderlo dalla partita con l’Atalanta. Si sveglia alle sei, va a correre, porta i figli a scuola sulla Cassia e poi si butta sul raccordo. Quando nevicò (abita all’Olgiata) rimase a dormire a Trigoria. Non aveva paura delle strade ghiacciate: temeva di arrivare tardi il giorno dopo e a quel punto di doversi autopunire. Ha corso la maratona di New York e partecipato all’Ironman di Francoforte (triathlon). Mantiene una strabiliante condizione fisica: appena il 5% di massa grassa.[...]

Nel suo calcio qualità e divertimento dovrebbero sempre scaturire dall’applicazione di «rispetto, partecipazione e lealtà». Se uno si comporta bene, corre e suda, prima o poi qualcosa succede. «Se poi non funziona bravi gli altri». «Non guarda in faccia nessuno e fa bene», ammette il appena punito. Un momotivo ci sarà. La Roma però è uscita ad agosto dall’Europa ed è il mese in cui di solito fanno fuori le schiappe. Lo Slovan ha ringraziato, i tifosi no. «Questo non dura», dicevano, «anzi prima salta e meglio è». Invece la sua identità, la sua personalità, la Roma le ha trovate. Le manca la continuità dei giovani. Abbiamo visto partite orrende (, 2 col Cagliari, 2 col Siena, col in casa, con la in Coppa, domenica con l’Atalanta). Ma ci siamo anche divertiti. Enrique aveva puntato su nomi il cui valore è sceso come uno spread pedatorio (Angel, Kjaer, Greco, Juan, Bojan). Lamela resta indecifrabile, Marquinho è appena arrivato e Simplicio va sempre pesato prima. In compenso Osvaldo e si sono guadagnati la nazionale. C’è una Roma 1 che vince e piace, una Roma 2 che non perde ma non brilla e una Roma 3 che può essere bucata a piacere. Molto dipende dalla presenza o meno di . [...]