IL MESSAGGERO (P. MEI) -La cantera de noantri accende il cuore dellOlimpico e quello di chi guarda alla Roma e al suo domani: la Coppa Italia Primavera è vinta dai ragazzi in giallorosso, che lavevano prenotata a Torino, quando avevano sconfitto la Juve per 2 a 1.
Era già cantera, dunque, a modo suo. Oggi cè qualche Loic, qualche Junior Ouraghio, qualche Nicolas tra i nomi, dove erano i Francesco e i Daniele, ed è un segno della globalizzazione che sempre più sarà quando ai nati in Italia, i ragazzi nostri di seconda generazione, sarà riconosciuta almeno la cittadinanza sportiva, lequiparazione del tesseramento, nellunico Paese che conoscono e nel quale hanno mosso le prime corsette con il pallone tra i piedi.
Sono i ragazzi della Primavera di papà De Rossi e di Alessandro Toti: sognano, come tutti i bambini (e tante bambine ormai) che inseguono un pallone e tra gli infiniti impegni dei piccini stressati hanno anche quello della scuola calcio. Sognano, e per una sera (per qualcuno era già successo con i grandi, quando sono stati chiamati a dare se non una mano almeno un piede) vivono dentro il sogno, che è lOlimpico. Perché non è soltanto leuro e 18 centesimi al secondo che guadagna Leo Messi quel che li spinge.
Li applaudono e tifano dalla Tevere piena (lì si sono trasferiti anche quelli della Sud, chiusa: qualche coro inappropriato); i piccoli raccattapalle li guardano con quel misto dinvidia e di desiderio, e con quella voglia di rubar loro il tocco segreto, che essi, i più grandicelli, nutrono nei confronti dei campioni più accertati, specie di quelli che, come loro, sono «romani de Roma», i Lamela dei rioni o quartieri della Capitale: in questa squadra che già da piccola si fa notare e amare, sui 18 in campo ieri sera 12 lo sono, sei titolari da subito e sei in panchina, contro i sei stranieri della Juve al fischio dinizio[...]




