IL ROMANISTA (M.IZZI) - Il Centro di Trigoria venne inaugurato il 23 luglio 1979. A dire il vero uninaugurazione allitaliana, con taglio del nastro, discorsi (tra gli altri presero la parola Gaetano Anzalone e Dino Viola), brindisi...il Centro però, non era agibile. Costato due
La prima immagine di Ago a Trigoria, intendo la mia prima immagine, è quella di un allenamento del 1981. Almeno credo, quel che certo è che il capitano indossava la tuta beigecon liride di Gratton sul petto. La vecchia tuta della Playground. Una tuta che oggi pagherei qualsiasi cifra solo nellillusione di riavere quei volti, quelle sensazIoni , quel campione dagli occhi tristi. Inanellava giri di campo, Ago, instancabile, una lotta persa nel tentativo di acquistare quella chimerica velocità che ha inseguito per tutta la carriera. Quella corsa ossessiva, silenziosa, solitaria, venne interrotta dalla corsa di un pastore tedesco. Agostino lo vide, e iniziò a camminare verso di lui, fino a subirne il festoso saluto. Fino a prenderlo in braccio quel cane, a sollevarlo in aria. Non era triste il suo volto allora, ma illuminato da un sorriso fantastico, il sorriso di Agostino Di Bartolomei, il tritolo di Tormarancio. Non ho modo di saperlo, ma mi piace pensare che quel cane, fosse lo stesso che la famiglia Di Bartolomei aveva nel 1973, quando Ago giocava ancora nella Primavera. Affrontava lAtalanta, quel giorno e papà Franco, assieme a mamma Maria Luisa erano in tribuna. Allingresso delle squadre in campo, il fenomeno di turno, iniziò a insultare Agostino, sotto gli occhi basiti dei suoi genitori, incapaci, per educazione e riservatezza, di replicare. Il pastore tedesco, però, capì tutto e come raccontato tanti anni più tardi Maria Luisa: «iniziò a ringhiare contro quel maleducato, che si spaventò parecchio».
Ecco, Agostino che gioca con il suo cane a Trigoria, questo mi viene in mente oggi, così mi piace ricordarlo, fuori dai monumenti, dalle fanfare e dalle medaglie ricordo. Eppure questa dedica fatta dalla Roma mi sembra uniniziativa di una bellezza senza confine. Da tifoso della Roma mi sento di ringraziare chi lo ha pensato e chi ha permesso che la cosa venisse realizzata. E giusto che Trigoria sia benedetta dal balsamo di questi nomi: Fulvio Bernardini, Agostino Di Barolomei. Anche Fuffo, a suo tempo, stravedeva per Ago e lo sbandierava, quando erano in molti, invece, a storcere la bocca. Il 29 dicembre 1981, sulle pagine del Messaggero, Fuffo scirveva: «Il capitano Agostino Di Bartolomei è un po indecifrabile ma personalmente lo ammiro assai e per questo particolare sono in polemica con molti miei amici. Sarà il capitano del secondo scudetto? ( )».
Non è vero che il calcio sia semplice, diventa semplice solo dopo dopo tutti si sono accorti chi fosse Agostino. Molti critici non lavevano capito, anche alcuni di quelli che oggi ne tessono le lodi. Succede. Noi, i tifosi intendo, lo avevamo capito, non ci serviva leggerlo sul giornale, eravamo lì a vedere i suoi lanci infiniti, parabole da biliardo o colpi di cannone, a scelta. Lultimo flash che raccolgo è quello di Agostino allingresso della palazzina degli uffici, le labbra disegnate in un ghigno, non voleva parlare con qualcuno, era arrabbiato, a volte capita Era il 20 maggio 1980. Quella sera Dino Viola regalò ai ragazzi del Commando le maglie della finale di Coppa Italia vinta con il Torino. Ancora oggi, lo confesso, non posso fare a meno di chiedermi a chi sia toccata la numero 8, quella di Agostino. Oggi vorrei tanto che quella maglia fosse ancora una volta a Trigoria.




