GASPORT (R. PALOMBO) - La più bella Roma di Luis Enrique contro la peggiore Inter di Ranieri. Ne vien fuori un 4-0 clamoroso, firmato da Juan, due volte Borini e Bojan. Era dal campionato 1941-42 che la Roma in campionato non batteva l'Inter (allora finì addirittura 6-0) con uno scarto così largo. Il modo migliore per festeggiare il rinnovo (ufficiale) del contratto di De Rossi da una parte, il modo peggiore per celebrare il ritorno a casa del romano (romanista ed ex guida dei giallorossi) Ranieri dall'altra.
Senso unico In mezza settimana, Olimpico fatale due volte al calcio milanese. Ma se quella della Lazio col Milan era stata una vittoria meritata e sofferta, qui parliamo d'altro: d'un possesso palla «attivo» quasi del 70%, d'un inizio travolgente, a suon di pressing alto, in cui l'Inter non becca letteralmente palla e va sotto col colpo di testa di Juan subito dopo che Julio Cesar ha levato dalla porta i tiri di Lamela e Pjanic; d'un monologo che va avanti fino alla doppietta di Borini a cavallo dell'intervallo, e che, dopo un secondo tempo che profuma più d'esibizione che di partita vera, viene completato dal gol del subentrato Bojan, che ne scarta addirittura tre prima di battere il non incolpevole Julio Cesar.
Fattore De Rossi La Roma è diversa da quella di Cagliari per tre undicesimi: Luis Enrique ha aggiustato una difesa (fuori Kjaer e Rosi, dentro José Angel e Heinze) che peraltro non sarà mai messa sotto pressione, ma la «chiave» è racchiusa nel ritorno di De Rossi. Davanti ai due centrali, sarà lui l'eccellente libero moderno della Roma mentre quello dell'Inter, Lucio, resterà all'antica in trincea, salvo non farsi mai trovare nel posto giusto quando si tratterà di chiudere su Borini. Nel giorno in cui con De Rossi girano a meraviglia Totti, Pjanic e Lamela, e Borini, il più bravo di tutti, fa insieme il goleador e la fase difensiva (primo marcatore di Maicon), quello della Roma diventa un concerto. Si straripa prima a destra, dove Nagatomo va subito in tilt con Lamela, e poi a sinistra, dove i tagli di Borini sono letali. Per dire di che «non match» è stato, vi basti pensare ai cambi di Luis Enrique, che finisce col battezzare, regalandogli ben 13 minuti, l'esordio in Serie A di Gianmario Piscitella, marzo '93, un attaccante della Primavera. Ai confini dell'irrisione.
Inguardabile C'è un dato statistico che può suggerire una piccola riflessione: primo match della stagione nel quale l'Inter non ha in campo nemmeno uno tra Sneijder, Alvarez, Stankovic e l'oggi parigino Thiago Motta. Nessun piede buono, nessun giocatore in possesso di una qualche qualità tecnica e/o creativa. Il risultato è un ammasso di muscoli per giunta intorpiditi dal freddo, dalle mille battaglie sostenute, da un evidente e inquietante distacco di ordine mentale. Non è un caso che ad affondare siano tutti i senatori, con l'eccezione del povero e abbandonato Milito, e a salvarsi (si fa per dire) siano i giovanotti, da Obi al subentrato Faraoni. E' chiaro che a queste condizioni il mercato di gennaio, visto lo spaesato Palombo, serve solo a dirci che prima di mollare Thiago Motta bisognava pensarci cento volte. Ranieri, in mezzo a tanto trotterellare a vuoto, sembra per giunta avere perso il controllo della situazione. Sullo 0-2, l'intervallo gli suggerisce un'idea assai bizzarra: al di là del cambio Cordoba-Samuel dettato dai guai muscolari dell'argentino, il Poli al posto di Pazzini, per «infoltire un centrocampo sempre in inferiorità numerica» dà l'impressione di una rinuncia anticipata a qualsiasi ipotesi di rimonta. Questo almeno deve essere stato il messaggio percepito dai giocatori, visto il loro secondo tempo. Di buono per l'Inter, alla fine, c'è solo che quelle per il terzo posto perdono tutte e che a Marsiglia mancano ancora 17 giorni. Basteranno?