Ciabattini: "Il mondo del calcio ha bisogno del fair play finanziario per sopravvivere. E per vincere"

28/02/2012 alle 10:29.

FINANZAEDIRITTO.IT (A. LIPAROTI) - Dopo meno di due mesi è già in ristampa e presente in oltre 1250 librerie. Vincere con il Fair Play Finanziario, il libro scritto da Paolo Ciabattini, Finance, Human Resources & Operations Director di Pioneer Italia, nonché appassionato di calcio fin da bambino, è infatti la prima pubblicazione che approfondis

 

Un testo argomentato con numeri e tabelle, ma rivolto non solo agli addetti ai lavori, ma a tutti gli appassionati di calcio. Uscito lo scorso dicembre per il Gruppo24Ore e grazie alla collaborazione di Cheope – Risk Management e dello Studio Legale Arnaldi Caimmi, è subito diventato la fonte privilegiata - non sempre tuttavia citata a dovere - di giornalisti, opinionisti e persino funzionari della UEFA che vi hanno ritrovato analisi frutto della comparazione dei dati di oltre 300 bilanci dei club più importanti.

 

Perché «siamo un popolo più di opinionisti che di tecnici nonostante il nostro attuale governo in parte “mi smentisca”» - ironizza Ciabattini – e risulta impellente la necessità che il sistema calcio non sfiori più il rischio di insolvenza, adottando pratiche «leali» anche sul fronte finanziario. Ed è fondamentale che lo comprendano non solo i manager dei grandi team, ma i tifosi stessi.

 

Dottor Ciabattini, che cos’è il Fair Play Finanziario (FPF)?

Michel Platini (Presidente della UEFA, ndr) ha affermato: “Dopo anni di anarchia è arrivato il momento delle regole”. Fair significa infatti equo, leale. Fair play significa giocare nel rispetto delle regole. Il FPF è un sistema normativo contabile che impone ai club un comportamento equo, corretto, leale dal punto di vista economico finanziario e contabile e che vuole incidere sia sul modello di business che sul sistema dei valori. Secondo Platini il Fair Play Finanziario deve diventare parte integrante dell’ordine morale del calcio di oggi e di domani.

E questo come può avvenire?

Può avvenire attraverso la lotta contro le astuzie al limite della regola e contro il doping amministrativo. In concreto cercando lo sviluppo del settore giovanile, così che aumentino i campioni costruiti in casa e al contempo applicando la riduzione delle rose anche grazie all’abbassamento dell’età media dei giocatori e quindi del numero degli infortuni. E poi maggiore sfruttamento del marchio e ricerca di nuove fonti d’entrata, a partire dagli stadi di proprietà. La regola cardine deve essere il pareggio di bilancio, o quasi. Le squadre non potranno accumulare perdite superiori alle massime deviazioni consentite. Il primo periodo di monitoraggio riguarderà il biennio 2011-2012/2012-2013. Le sanzioni presumibilmente a partire dall’esercizio 2014-2015 andranno dal mercato calciatori chiuso, alla drastica riduzione dei premi UEFA fino ad arrivare all’esclusione dalle competizioni europee.

Nel 2010 la perdita di bilancio aggregata del calcio europeo ha raggiunto 1,6 miliardi e ben il 65% dei club di prima divisione ha chiuso in deficit. Questa normativa era inevitabile…

Assolutamente sì, e io lo sostengo dal lontano 2004 al punto che quando ho letto della sua introduzione l’ho vissuta come una vittoria. Di recente è stato pubblicato l’ultimo report della UFA “Club Licensing Benchmarking Financial Year 2010”, secondo il quale la perdita aggregata del calcio europeo a livello di prima divisione, avrebbe raggiunto gli 1,64 miliardi di euro. Le squadre che hanno fatto registrare una perdita di bilancio sono diventate il 65% dei club di prima divisione, contro il 56% del 2009 e il 47% del 2008. Il costo degli stipendi incide sul fatturato per il 64% e ha fatto registrare un più 14% rispetto al 2009. Nel 2009 il 53% dei club ha fatto registrare un deterioramento del patrimonio netto. Il 37% di loro ha un patrimonio netto negativo. Il debito verso banche ha sfiorato i 6 miliardi. E il fenomeno si sta diffondendo rapidamente, non più circoscritto a pochi grandi club. Si pensi che nel 2010, in Inghilterra 17 club su 20 hanno chiuso il bilancio in perdita. In Italia 16, in Francia 14 ed in Spagna 7. Tutto ciò evidenzia un netto squilibrio economico finanziario.

Quali sarebbero oggi le squadre in difficoltà?

Dalle mie analisi, in riferimento ai bienni 2007-2008 e 2008-2009, i club appartenenti alle 5 top League che avrebbero totalizzato perdite aggregate superiori alla massima deviazione consentita dalla Uefa (pari a 45 milioni di euro) sarebbero 9 e diventerebbero addirittura 10 se consideriamo l’ultimo biennio, quello 2009-2010. Milan, Inter, Liverpool e Chelsea sono presenti in tutti e tre i periodi. Manchestr e United in due. Il solo nell’ultimo. L’Inghilterra ha sempre 7 club nella lista dei “cattivi”. Se guardiamo in casa nostra, l’Inter che ha fatto registrare una perdita di 1 miliardo di euro negli ultimi 10 anni, ha ridotto notevolmente le perdite passando dai 216 milioni di euro del 2007 agli 87 milioni del 2011. Lo sforzo è stato notevole, ma la strada è ancora lunga. A livello di risultato operativo, i costi eccedono i ricavi ancora di oltre 100 milioni di euro. Il Milan che negli ultimi anni ha mantenuto le perdite su livelli quasi accettabili, nel 2010 ha fatto registrare un meno 70 milioni. La , complici gli impatti devastanti di Calciopoli, ha chiuso il bilancio 2011 con 95 milioni di euro di perdita. Nettamente la più alta fatta mai registrare dal club. Bisognerà lavorare contemporaneamente sui costi per rientrare nei parametri previsti dalla normativa e sui ricavi per ridurre il gap con le altre grandi d’Europa in termini di competitività.

Che cosa si propone allora il FPF per fare in modo che i club entrino nei parametri?

Innanzitutto maggior raziocinio e disciplina nel sistema finanziario dei club in particolare in un periodo di instabilità economica. Poi spingere i club a comprendere i limiti dei propri introiti che è il cardine della normativa. Assicurare che i club onorino puntualmente i propri impegni finanziari in quanto i debiti scaduti non verranno verificati soltanto a dicembre, ma anche a giugno e marzo per cui sostanzialmente non si potrà ritardare più di 3 mesi il pagamento concordato. Inoltre regolare lo svolgimento delle competizioni, uscire dall’indebitamento patologico così da avere competizioni meno “drogate”, liberasi dalla spirale dei costi, ridurre la pressione degli stipendi e stimolare investimenti in giovani e infrastrutture, ad esempio utilizzando lo stadio di proprietà sette giorni alla settimana.

Pensa che il mondo collaterale al calcio italiano - intendo opinionisti, giornalisti e anche tifosi - siano pronti ad accogliere questa normativa?

A mio modo di vedere siamo un popolo più di opinionisti che di tecnici, nonostante il nostro attuale governo in parte “mi smentisca”. È sicuramente molto più facile parlare per 50 ore della telenovela Tevez oppure delle di a Ibrahimovic che cercare finalmente di capire qualche cosa del FPF. Il tempo dedicato dai media ai vari argomenti è inversamente proporzionale alla loro rilevanza e al loro impatto sui risultati sportivi. Il FPF dimezzerà in alcuni casi le risorse a disposizione dei club e impatterà molto di più sui risultati sportivi che gli acquisti di Ibrahimovic, Tevez ed Eto’o insieme.

È necessario dunque un cambiamento culturale…

Certo che sì e anche far nascere una nuova mentalità. E dovrebbe riguardare tutte le componenti del sistema calcio. Se da un lato non sarà così difficile per i mecenati accettare di risparmiare un po’ di soldi, anche se all’inizio lo sarà invece accettare una possibile diminuzione della competitività della squadra, la parte più complicata riguarderà il management, i tifosi e i media. Fino ad oggi il calcio ha sempre rappresentato un’eccezione. La perdita di bilancio nel calcio era una cosa normale anche se in realtà un’azienda normale non potrebbe sopravvivere a lungo facendo registrare tutti gli anni perdite ingenti ed in costante crescita. Il nuovo modello di business non potrà più fare affidamento solo sul capitale dei mecenati. I manager dovranno essere in grado di conciliare i risultati di bilancio con quelli sportivi che non potranno più prescindere dai primi. Ma la parte più difficile spetterà comunque ai tifosi. È importante quindi consentire a chi ama questo sport di comprendere le dinamiche di questa fase di profondo rinnovamento.

Proprio riguardo ai tifosi lei citava l’esempio di alcuni conoscenti laziali…

Sì, questo è un esempio che può essere applicato anche ad altre realtà. Parlando con alcuni tifosi della Lazio, ho notato che molti di loro rimpiangono l’era Cragnotti. Quella rimane per loro la dirigenza che aveva portato allo scudetto nel 2000. Il problema è che lo aveva fatto creando un buco di bilancio esorbitante. Oggi il management sta cercando di mantenere i conti in ordine. Ma non piace perché non ci sono gli stessi risultati.

Ci sono esempi nel nostro campionato di squadre che hanno un modello di business che non si discosta da quello promosso dal FPF?

Sì, ce ne sono molti. In Italia in particolare ci sono squadre che rappresentano un esempio per tutti i club d’Europa. Non posso non citare il , in sei anni dalla C alla , bilancio in utile e immobilizzazioni immateriali iscritte a bilancio a meno della metà del valore attuale di mercato. Ottimi anche i risultati raggiunti dalla Lazio. Bilancio 2009 chiuso con 21 milioni di utile prima delle tasse pur pagando anche i debiti verso il fisco relativi alla tanto acclamata pessima gestione precedente. Il Catania che si salva in tranquillità, ha il bilancio in utile in riferimento all’ultimo triennio. Infine come non menzionare l’Udinese, la cui attività di scouting è riconosciuta essere forse la migliore in Europa, 8 volte nelle coppe in 15 anni e con un utile aggregato negli ultimi sei esercizi. Vendendo tre ottimi giocatori ha incassato più di 60 milioni di euro, avendoli pagati circa 7 milioni. In Inghilterra svetta l’, il club europeo che ha fatto registrare l’utile aggregato maggiore negli ultimi esercizi, più di 150 milioni di sterline in 4 anni.

E riguardo al ha ricevuto i ringraziamenti del Presidente De Laurentiis in persona…

Sì, mi ha chiamato non appena ha sentito il mio intervento in una radio partenopea molto famosa in cui citavo il come esempio di squadra virtuosa, in grado di unire ottimi risultati con un buon utile. E questo grazie alla capacità di gestire bene i salari e di scovare giovani talenti prima degli altri.

E tra le big qualcosa sta cambiando?

Sì, prima accennavo al caso dell’Inter. Nel 2007 chiudeva il bilancio con 216 milioni di euro di perdita, ha ridotto tale ammontare in maniera significativa facendo registrare ancora perdite, ma “soltanto” per 73 milioni di euro nel 2010 e 87 milioni di euro nel 2011. La normativa è dunque già “tra noi” e si sta manifestando. Gli impatti sono visibili anche perché chi vuole essere nei parametri entro il 2014 dovrà attivarsi fin da subito. E tutto questo nel breve periodo cercando di non perdere in competitività.

Esiste poi una clausola della normativa che potrebbe agevolare il rientro nei parametri.

Sì, infatti esiste una clausola molta importante che potrebbe agevolare i club in questa fase, ovvero nei primi due periodi di monitoraggio, fungendo da «cuscinetto». La clausola sostiene che nel caso in cui il club non riesca a contenere le proprie perdite aggregate relativamente al primo e al secondo periodo di monitoraggio - all’interno della massima deviazione consentita pari a 45 milioni - non verrà sanzionato se rispetterà due condizioni: che i dati i bilancio, se pur in perdita, evidenzino almeno un trend positivo e che la perdita aggregata sia solamente dovuta alla perdita evidenziata nell’esercizio 2011-2012 e che tale perdita dipenda dai costi degli stipendi dei giocatori i cui contratti sono stati conclusi prima del giugno 2010.

Pensa ce la potranno fare?

Ce la dovranno fare. Sarà una vera e propria rivoluzione culturale, ma le basi ci sono. Sarà una sorta di Rinascimento per il calcio europeo ed italiano e anche il mondo che ruota attorno ai team dovrà comprendere queste dinamiche, o perlomeno cercare di conoscerle dimostrando minore superficialità. Il messaggio che deve passare - ed è quello che mi ha ispirato da sempre, fin da quando militavo nelle giovanili del Como e ora nella mia professione finanziaria - è che non bisogna solamente cercare di vincere ad ogni costo, ma cercare di vincere ricorrendo alle proprie capacità e a quella lealtà che nel FPF si traduce nel non spendere più di quanto si può introitare.