Viviani, ritorno al futuro

11/12/2011 alle 10:32.

IL ROMANISTA (V. META) - Si è interrotta la sera del 26 agosto la storia di Federico Bibiani, quello che aveva passato l’estate a fare il vice De Rossi e l’aveva fatto talmente bene da meritarsi un nuovo battesimo insieme ai pubblici complimenti di Luis Enrique. Erano per lui gli unici applausi di una serata da incubo, quella in cui la Roma si vide sbattere in faccia le porte dell’Europa League dal modesto Slovan Bratislava, che ha detto addio al torneo prima ancora di finire la fase a gironi, visto che su cinque partite ne ha perse quattro.

Erano per lui gli unici applausi di una serata da incubo, quella in cui la Roma si vide sbattere in faccia le porte dell’Europa League dal modesto Slovan Bratislava, che ha detto addio al torneo prima ancora di finire la fase a gironi, visto che su cinque partite ne ha perse quattro. L’ultimo fotogramma è lo sguardo deluso che ha lanciato a un Olimpico in cui tornava per la terza volta, la prima con il suo nome sulla maglia numero 92 anziché sulla numero 6 che indossa in Primavera. Da quel momento, il nastro si interrompe e ricomincia un’altra storia, quella di Federico Viviani, leader del centrocampo dei campioni d’Italia di Alberto
. All’indomani della gara in Europa League, il ragazzo che aveva regalato alla Roma una delle poche vittorie nelle amichevoli d’agosto (l’1-0 di Budapest contro il Vasas) torna ad allenarsi con la Primavera in vista della Supercoppa Italiana con la , rivincita della finale di marzo che un suo gol non era bastato a rimettere in piedi. Doveva essere il valore aggiunto della Roma insieme a Caprari per mettere in bacheca il secondo trofeo in tre mesi, invece vincono ancora i viola: «L’arrivo di Gago e ? Io posso solo continuare a impegnarmi, il resto verrà» diceva Viviani nel ritiro dell’Under 20 pochi giorni dopo. Non immaginava che di lì a poco gli avrebbe comunicato la decisione di rimandarlo in Primavera, né che quello in cui il tecnico gli dice che continuerà a tenerlo d’occhio sarebbe stato l’ultimo colloquio con Luis Enrique per mesi. Difficile non viverla come una retrocessione dopo che hai passato due mesi con i grandi e ti sei sentito ripetere quanto la società intenda puntare sui giovani, dopo che hai preferito restare a giocarti le tue carte in prima squadra piuttosto che andare via in prestito, come pure ti suggeriva qualche compagno. Difficile trovare le motivazioni per calarti nuovamente nella realtà del campionato Primavera quando di partita in partita appare sempre più evidente quanto tu sia di un’altra categoria. La storia che comincia è un assolo lungo tredici partite, tutte da titolare, tutte con la fascia di capitano al braccio.
Quando i giallorossi steccano la prima in casa, lui è l’ultimo ad arrendersi, quando i meccanismi prendono a girare su ritmi forsennati la sua regia lucida ed elegante è il basso continuo su cui costruire i numeri di una squadra che rasenta la perfezione. Nella Roma che non conosce sconfitte (è l’unica imbattuta in Italia) la firma di Viviani si legge ben chiara e non solo per i nove gol segnati, di cui quattro su calcio di punizione - ormai quelle da fuori area, possibilmente in posizione leggermente decentrata, per lui sono equiparabili a un tiro dal dischetto. C’è la facilità con cui semplicemente è padrone del campo, un po’ come succedeva lo scorso anno all’amico . Invece di pensare al passato, Viviani ha continuato a lavorare nel presente. Si è preso la fascia di capitano pure nell’Under 20, lui che in azzurro è arrivato la prima volta nemmeno un anno fa.
Il ct Di Biagio non fa a meno di lui neanche per le amichevoli di beneficenza (mercoledì sarà a Nocera Inferiore contro l’Under 20 di B) e non ha mai nascosto la sua stima per il giovane centrocampista: «Mi rivedo in lui e credo che per la sua crescita sarebbe meglio se andasse a giocare in prestito». Zeman lo accoglierebbe a braccia aperte, «ma io adesso devo pensare solo alla Primavera» ha detto Viviani qualche settimana fa, quando di (ri)allenarsi con Luis Enrique non se ne parlava. Domani potrebbe arrivare l’occasione che aspettava, nella partita più difficile di tutte. Tre mesi e mezzo dopo, è arrivato il momento di far ripartire quel nastro interrotto.