
TRS (A. CIARDI) - Fa effetto constatare che la Roma non abbia imparato la lezione di Udine. Giocando la peggiore partita della stagione a Firenze. Fa effetto valutare di nuovo una mediana che non sia composta dal terzetto De Rossi, Gago e Pjanic. Perché tra lo stupore generale, Luis Enrique ha di nuovo proposto il bosniaco da trequartista
Una squadra 'sbagliata' in partenza, che al pronti via dimostra di starci coi sentimenti ma che ancora una volta deraglia al primo sassolino. Basta un pallone buttato nell'area giallorossa per assistere all'ennesima amnesia del fu grande calciatore Juan, raso al suolo mentalmente da Jovetic. Da quel momento, quarto d'ora del primo tempo, la Roma in svantaggio partorisce un tiro fuori, dalla distanza, di De Rossi. Un altro, quello di Gago, era arrivato sullo zero a zero. Luis Enrique ha delle responsabilità. Tante. Ma non è il solo a dover essere 'processato'. Si auspicava che il repulisti prestagionale partorisse una squadra maschia e non femmina oltre che isterica. Dati alla mano, fra espulsione e incapacità cronica di non reagire, non è cambiato nulla rispetto agli atteggiamenti che si sperava non abitassero più a Trigoria. Il fallo di mano sciocco di Bojan è la sintesi di una squadra che pur stando ancora con il suo allenatore fa ciò che nessun allenatore, Luis Enrique compreso, vorrebbe mai che la propria squadra facesse. Seguire alla lettera il compitino e andare fuori spartito solo per farsi notare in negativo.
La Roma non tira in porta. Statistica desolante. A forza di tenere il pallone tra i piedi, dimostrando al mondo intero di aver imparato a memoria la lezione impartita dal tecnico, i calciatori della Roma hanno dimenticato che per vincere, o per rimontare, occorre cercare la porta avversaria. Ma va detto anche che per tirare in porta serve gente che abbia voglia di farlo. Per questo uno dei capi di imputazione per Luis Enrique è l'esclusione di Osvaldo dalla trasferta di Firenze. L'italo argentino ha sbagliato. Giusto penalizzarlo, toccandolo sul conto in banca. Ma la Roma stessa, a causa della sua esclusione, è stata penalizzata. Non esiste controprova atta a certificare che con Osvaldo la Roma non avrebbe perso a Firenze. Ma intanto al pronti via si è privata del suo miglior cannoniere, forse l'unico che in campo traduce le lezioni dell'allenatore. Peggio lo schiaffo di Osvaldo a Lamela o peggio lo sciocco, ingiustificabile fallo di mano di Bojan sul finire della partita del Franchi? Lo spagnolo subirà una maggiorazione di pena oltre a quella che gli comminerà il Giudice sportivo? Ed eventualmente la società spalleggerà ancora una volta il tecnico, meticoloso nell'applicazione del codice comportamentale?
Già, perché dalle responsabilità per il momento critico della Roma non si può tirare fuori la dirigenza. Che ha un compito in un anno zero come quello in corso. Aiutare. Supportare. Consigliare. E non spalleggiare. Non assecondare a prescindere. Perché Luis Enrique ha talento come può avere talento José Angel o Lamela. Ma obbligatoriamente paga e pagherà dazio a errori di crescita. Che vanno corretti. Per il bene della Roma. L'auspicio è che i termini usati nelle interviste da Baldini e Sabatini siano sempre meno ridondanti e che loro in primis, i più esperti a Trigoria, siano abili nel prendere in mano la situazione, nell'indicare, accompagnandolo, la strada giusta a Luis Enrique. Non si sente più il bisogno di ascoltare quanto abbia fatto la nuova proprietà per salvare il club. E' risaputo.
Non si sente il bisogno di avere conferme sulla corte che il Tottenham ha fatto a Baldini. Non si sente il bisogno di avere conferme sulla Roma 'costruenda'. E' tutto evidente. Come è spietatamente evidente che la Roma, in campo, sia in difficoltà. E va accompagnata, insieme al suo giovane allenatore, verso la strada giusta. Non consigliando a Luis Enrique di cambiare modulo e idee di gioco. E' stato scelto per quello che sta provando a fare. Semplicemente Luis Enrique va accompagnato, consigliato, e non spalleggiato, nel fare scelte di spogliatoio che non penalizzino la squadra. Mettendo così i calciatori spalle al muro. Perché Luis Enrique non sia per sempre il capro espiatorio o l'unico da mettere al centro del mirino della critica dopo una disfatta come quella di Firenze.