Sacchi, Pep e il gioco della Roma

07/12/2011 alle 09:22.

CORSPORT (A. POLVEROSI) - Anni Ottanta: Arrigo Sacchi ha rivoluzionato il calcio italiano, europeo e mondiale col 4-4-2 di intensità (la sua parola chiave) e qualità. Primo decennio del 2000: Pep Guardiola ha illuminato il calcio spagnolo, europeo e mondiale col possesso palla. Sono i due tecnici che hanno entusiasmato con le loro idee. Il problema è nato quando il movimento calcistico internazionale ha pensato che dalla mente di Sacchi potesse nascere il sacchismo e dalla mente di Guardiola il guardiolismo, che si potessero generare delle vere e proprie scuole di pensiero dove l’integralismo prendeva il sopravvento su ogni altra forma di gioco..


 
Ma chi lo può fare in quel modo se non Iniesta, Fabregas e Xavi? E quando le avversarie si chiudono con tre linee (attacco, centrocampo e difesa) in 20 metri davanti alla propria area perchè spinte indietro da quell’onda blaugrana che fa surf col pallone, chi le può saltare se non che dribbla due giocatori in mezzo metro quadrato e spalanca a tutti delle vere praterie? Quando, a inizio stagione (vedi la partita col Milan) il ha abusato della sua qualità, compiacendosi, ha perso il senso del suo calcio. E’ successo anche alla nazionale azzurra alle Far Oer (...). Quando Prandelli ha chiesto alla squadra di farsi contagiare anche dal calcio italiano (se c’è da tirare, si tira), la Nazionale ha trovato la sua linea e, proprio come dice Sacchi, è diventata il riferimento tecnico di questa stagione.
 
La Roma, almeno quella vista a Firenze, è il frutto di un guardiolismo esasperato, inefficace e soprattutto senza senso. E’ un’idea che non ha le basi del , non può averle, perchè se Gago, , e Lamela sono ottimi giocatori non raggiungono in nessun modo il livello di Xavi, Iniesta e . Come succedeva a molti seguaci del sacchismo (non a tutti, sia chiaro), ha preso solo una parte del concetto-base: in quel caso la forza atletica, in questo la qualità del palleggio ma fine a se stesso. Ranieri a Valencia scommetteva su un dato: anche se tengo palla meno degli avversari, riesco a concludere più degli altri. Basterebbe guardare quanto segna il per capire che se Luis Enrique, pur senza annullare la sua linea di pensiero, non accetta di aprirsi a un altro tipo di calcio, non può avere successo.

Se il calcio non si inventa, nemmeno si copia.