Roma ammazza gufi

13/12/2011 alle 08:53.

IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - Se la Roma è una grande sensazione è perché ogni volta riesce a regalartene una nuova. Se hai l’amaro in bocca perché non sei riuscito a vincere contro la prima in classifica che non aveva mai perso e giocavi senza otto giocatori (Gago, Bojan, Burdisso, Juan, Kjaer, Pizarro, Borini, Cassetti), oltre a quel rimpianto devi avere una consapevolezza più grande: che non è per niente finita, che anzi adesso sembra iniziata.

 
Che questa Roma è una squadra, un gruppo. Che sei Roma. Roma, Roma. Torni a essere un inno anche in campo. Lo è stata tanto stanotte. Romanista. Rossa. Cattiva. Spavalda. Umile. Affamata dall’inizio alla fine, con le unghie che uscivano fuori dagli scarpini di Heinze, con Lamela che ha giocato da Furino e che ha provato a spaccare la partita due volte (con l’assolo dall’Argentina al passaggio per ) e con il rigore preso per tutti e per . Furino e Kakà, Lamela. E non è stato per niente il migliore. Con Taddei che è un esempio non solo per i ragazzini, per chi si sente mobbizzato, escluso o emarginato, ma anche per quelli che dicevano che Luis Enrique non sa guardarsi intorno e scoprire altre risorse. Oasi. Taddei da questo punto di vista è un miraggio, da questo punto di vista Taddei è di Luis Enrique più di quanto lo sia uno suo per definizione come José Angel (meglio persino lui). Con De Rossi che è stato tutto. Dovunque. Davanti e dietro, dall’est all’ovest: la vera unificazione dopo il muro: DDR è stato Beckenbauer. Lo spread fra se stesso e tutti gli altri. Il sacrificio sognato da Monti. Lui mare. E’ stato un faro in campo, lui che contro la aveva segnato nell’ultima partita di Spalletti. Il gol della bandiera e un gol da bandiera. Ha rischiato di esserla pure per Luis Enrique l’ultima partita, almeno per tanti, almeno per quei gufi che svolazzano basso attorno al Colosseo.
 
S’attaccano oggi. E c’hanno pure qualche pensiero in più da ieri. Esti...garribia. La grandezza di questa partita è anche in questa considerazione, nel guardare quello che avevi al fianco: un burrone. La fine. Questa squadra ha dimostrato di essere squadra proprio perché aveva l’occasione di far vincere gli alibi, le insicurezze, le ripicche, le rassegnazioni, le meschinerie, gli egoismi, e invece contro i primissimi e gli invincibili ha scelto di essere Roma. Almeno di provare a essere Roma. Cioè la cosa più grande. Di finire sotto la Sud, curva senza fiato, rimasta con l’urlo mozzato al rigore sbagliato di . Oh capitano mio capitano, soprattutto adesso. Volto di una Roma che ha preso schiaffi e sberleffi e che nella serata più difficile e dura s’è ritrovata a testa alta, uscita dal tunnel non solo dello spogliatoio a riveder le stelle. Lui c’è stato, comunque. Lì come sempre. Lui più di chiunque altro ti ha lasciato quello strano rimpianto e quella rabbia piena di speranza. Quel sentimento che dimmi cos’è e che è talmento bello che non lo sai mai dire