CORSPORT (A. BARILLA') - Hanno varcato i quaranta senza abbandonare il pallone: ieri campioni, oggi allenatori. Luis Enrique e Antonio Conte hanno in comune cento cose, il palmarés ricco e le ambizioni, la cultura del lavoro e il temperamento, la filosofia di gioco e la prima grande panchina. Certo, il momento che vivono è opposto: lo juventino è imbattuto e primo, ha una squadra delineata e libera di sognare; il romanista è attardato in classifica, rimpasta formazioni e cattura critiche.
Luis Enrique e Antonio Conte hanno in comune cento cose, il palmarés ricco e le ambizioni, la cultura del lavoro e il temperamento, la filosofia di gioco e la prima grande panchina. Certo, il momento che vivono è opposto: lo juventino è imbattuto e primo, ha una squadra delineata e libera di sognare; il romanista è attardato in classifica, rimpasta formazioni e cattura critiche.
ESITAZIONE - Domani, dicono i cultori delle statistiche, si incroceranno per la prima volta. Da giovani tecnici, però: da calciatori si son trovati già faccia a faccia. E il bilancio è favorevole a Conte, battuto una sola volta in cinque sfide. La prima volta a Usa '94, quarti di finale, stadio Foxboro di Boston: l'uno centrocampista di Arrigo Sacchi, l'altro esterno sinistro di Javier Clemente. Vince l'Italia due a uno al termine di una partita tiratissima, un'autorete di Benarrivo annulla il vantaggio di Dino Baggio, Pagliuca compie un miracolo su Salinas, Roby Baggio al tramonto dribbla Zubizarreta e affonda una buona Spagna. Per Conte non è una grande serata: sciupa un'occasione ghiotta e spiana il pari spagnolo con un'esitazione, ma a Luis Enrique va sicuro peggio: sconfitta, eliminazione e... naso a pezzi per la gomitata di Tassotti. (...)
RIMONTA - E' l'ultimo anno del gioiello di Gijon a Madrid: il presidente Lorenzo Sanz sceglie di non rinnovare il contratto, lui s'accorda con il Barcellona. E sette anni dopo, con la maglia azulgrana, trova sulla strada ancora Conte e la Juve. Luis Enrique ha trentatré anni, il bianconero uno in più: sono ancora preziosi, però non più intoccabili. A Torino, in gara uno, la panchina è un destino comune: lo spagnolo sostituisce solo nel finale Overmars e si sbatte per difendere il pareggio fissato da Montero e Saviola. Quindici giorni dopo, a Barcellona, lui però è titolare, mentre Conte si agita ai bordi accanto a Lippi, come Chimenti, Iuliano, Pessotto... E per un pezzo anche Zalayeta, eroe della serata dopo l'ingresso in campo: è l'uruguaiano, nel secondo tempo supplementare, a firmare una storica vittoria dopo l'illusione di Nedved e l'unghiata di Xavi.