
CORSPORT (A. MAGLIE) - Giovanissimo per dati anagrafici, «anziano» per modo di stare in campo, per adattabilità alle furbizie del campionato italiano, per sfrontatezza (ne sa qualcosa anche il compagno di squadra, Osvaldo). Guardi Erik Lamela e immediatam
PRECOCI - Quello italiano non è un calcio semplice. Negli anni in cui il nostro campionato era il più ricco del continente, venivano reclutati normalmente giocatori già costruiti. Ciò non toglie che un campione indiscusso come Platini abbia faticato almeno sei mesi per trovare il bandolo della sua matassa personale. Lo stesso Zidane, in principio, ha dovuto sconfiggere qualche perplessità. Il «calcio dei pionieri» non era terra di conquista dei giovani fenomeni. Certo, Josè Altafini quando approdò al Milan diventandone lattaccante di riferimento aveva ventanni; come Antonio Valentin Angelillo. Michael Laudrup ne aveva diciannove quando esordì con la Lazio ma, pur avendo grandi qualità, la strada per lui verso la completa affermazione fu in salita. (...)
TEMPI - DallEtà dellOpulenza a quella dellAusterità. Ora anche grandi squadre come la Roma devono sforzarsi di accelerare i tempi, di anticipare le scelte, di scorgere oggi il talento che sboccerà domani. (...) Non è un caso che Palermo e Fiorentina siano le squadre che hanno fatto esordire in campionato il maggior numero di giovani talenti: da Kjaer (19 anni alla prima in A) a Munoz (19), da Acquah (18) a Michelidze; da Jovetic a Ljajic a Babacar. A volte il talento esplode improvviso, come nel caso di Jovetic. Altre volte resta quasi in sospeso come nel caso di Pato (18 allesordio). Vucinic di anni, quando si misurò con la serie A, ne aveva diciassette: le promesse le ha mantenute. Bojinov ne aveva addirittura quindici e unidici mesi ma non è riuscito a tener fede alle attese. Adriano a 19 anni sembrava una forza della natura ma si è perduto fra troppi fumi alcolici e complesse partite con la bilancia. Lamela, rispetto a tutti questi, sembra avere qualcosa in più.