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IL MESSAGGERO (S. CARINA) - E pensare che il giorno della sua presentazione a Trigoria aveva garantito di non «essere un attaccabrighe. Mi hanno dipinto come tale ma non è vero. Io sono sempre andato daccordo con tutti i miei compagni. La verità è che ho un carattere forte perché a me piace vincere. Sempre». Da quel 29 agosto sono trascorsi poco più di tre mesi e Osvaldo ha già messo alle spalle due litigi: il primo nel post-gara di Udine, poco prima di rientrare negli spogliatoi - culminato, per dirlo alla romana, con la più classica «manata» a Lamela.
Il refrain popolare è già partito nelle radio locali, a dimostrazione del fatto che la decisione da parte della società di escludere largentino dalla trasferta di Firenze potrebbe rivelarsi un boomerang. Da punito e colpevole a eroe, il passo è breve. Anche perché nella Roma dei bravi ragazzi, dei giovani che dopo una batosta come quella di domenica scorsa corrono a casa per regalare uno stucchevole Forza Roma su Twitter o che quotidianamente raccontano sui social networks ogni loro emozione o sospiro della giornata, luomo che rompe gli schemi affascina la folla. Cè dunque da scommettere che qualora dovesse scendere in campo contro la Juventus il dubbio è lecito viste le prove effettuate ieri in allenamento da Luis Enrique - Osvaldo sarà, insieme a Totti e De Rossi, il calciatore più osannato dallo stadio. Perché? Semplice: il personaggio che si ribella, litiga, cerca il confronto a tutti i costi - a volte anche sbagliando ed esagerando come nel caso dellex Espanyol - affascina il tifoso. Osvaldo non è nuovo a questo tipo di comportamenti: la sua reazione nel ritiro estivo del Bologna a Sestola, il 25 luglio del 2009, ha fatto storia. Dopo aver subito un fallo da Terzi, lattaccante si era rialzato e lo aveva aggredito.
Poi, una volta calmato dai compagni di squadra, aveva perso di nuovo la pazienza dopo uno scontro con Mingazzini che era costato al centrocampista un uno-due, stile Marvin Hagler. Vivace sì, rancoroso mai. Già, perché Osvaldo è un istintivo che magari alza un po troppo (e frequentemente) le mani ma non è certamente un tipo che cova astio e livore nei confronti dei compagni di squadra. E non è un caso, quindi, che sia con Mingazzini che con Lamela tutto sia finito a tavola davanti a una pizza. La sensazione che se ne ricava è che se è vero che i risultati che stentano ad arrivare hanno portato un po di nervosismo nella squadra, è altrettanto innegabile come la nuova Roma argentina, abbia alzato lasticella dellintensità, dellimpeto, della forza e del vigore, rispetto a quella brasiliana che ha caratterizzato per anni il vivere quotidiano di Trigoria. Non è solo Osvaldo ad arrabbiarsi. Ad ottobre anche Heinze e Gago avevano discusso in allenamento per unentrata dura del difensore sullex Boca. Qualche giorno dindifferenza fra i due e poi sapete comè finita? Di nuovo tutti attorno ad un tavolo, accompagnati dalle rispettive signore, stavolta a mangiare lasado.