C’era una volta il ritiro

15/12/2011 alle 09:17.

CORSPORT - Il treno delle utopie corre verso binari innovativi: perché andare in ritiro quando si può viaggiare comodamente in prima classe da una città all’altra in settanta minuti, meno di una partita di calcio? Luis Enrique

Trasferte semplici, quindi, in un mondo più normale. In Italia, almeno a livello di serie A, non si era mai visto. E’ la «proposta» della Roma, che presto potrebbe trovare proseliti nelle altre squadre italiane: perché i giocatori cominceranno a provare invidia per i colleghi che lavorano a Trigoria e vorranno godere degli stessi diritti. Ma all’estero, soprattutto in Spagna e in Inghilterra come si può notare nella panoramica di questa pagina, non è folle il progetto di limitare o addirittura cancellare i ritiri, che non migliorano quasi mai performance e risultati. Lo dimostra il , alla cui mentalità più o meno dichiaratamente si ispira Luis Enrique: sabato Guardiola è arrivato a Madrid in mattinata, rilassato e leggero, ha segnato tre gol a Mourinho e se ne è tornato in Catalogna. Con un sorriso grande grande.

 Niente ritiro, siamo inglesi Meglio andare a bere al pub - Ritiro? Siamo impazziti? Gilles Grimandi, difensore dell', arrivava allo stadio in bicicletta (e stiamo parlando di sei o sette anni fa, mica gli anni venti). Molte squadre, tra cui il Chelsea, si radunano in un albergo nei pressi dlelo stadio, ma, per le gare casalinghe, sempre poche ore prima del calcio d'inizio. Per le trasferte la prassi è un po' diversa, dipende dal tragitto. Se lo spostamento è più di duecento chilometri, allora molti club partono la sera prima. Ma se si tratta di fare un paio d'ore di autobus, allora capita non di rado di fare tutto in giornata, soprattutto se si tratta di una gara notturna. I benefici sono molteplici. Ci si può allenare il giorno prima e dormire nel proprio letto. Si parte di buon'ora la mattina dopo, si arriva in albergo, si fa una passeggiata o una seduta tattica e poi si va allo stadio. Il tutto senza rompere i ritmi naturali: anzi, come sottolineano in molti, psicologicamente nell'inconscio è quasi come giocare in casa, perchè la routine è molto simile.(...) Qualche anno fa, Niall Quinn, ex-attaccante dell’ (ora dirigente del Sunderland) affermò: «In Italia il ritiro serve per creare spirito di gruppo, noi lo facciamo in modo diverso. Ad esempio, dopo le partite del Sunderland, al rientro verso casa, l'autobus si fermava sempre in un pub di campagna e tutti ci sbronzavamo. Ognuno ha i suoi usi e costumi». Una prassi che però il Sunderland ha dovuto abbandonare. «Già - ricorda con una punta d'amarezza Quinn - anche perché ora sono più gli stranieri degli inglesi. E loro non vogliono fermarsi a bere dopo la gara. E così abbiamo smesso»

Guardiola rivoluzionario anche in questo: il non ci va mai - (...) Pep Guardiola, sulle orme del grande mentore Johann Cruyff, non crede per niente nell'utilità dei ritiri prepartita e l'ha ribadito, non più di tre giorni fa, all'arrivo in Giappone, dove il sta disputando il Mondiale per Club. «Non sono un poliziotto», ha precisato l'allenatore catalano. «Alle 10 di sera sto già dormendo e non ho nessuna voglia di controllare i miei giocatori. Per questo preferisco che stiano a casa loro, con le loro famiglie, invece di annoiarsi in un albergo». Non stupisce, quindi, che i blaugrana, salvo casi rarissimi, tendano a viaggiare sempre il medesimo giorno delle trasferte, per rientrare alle prime luci dell'alba. Un'idea portata avanti con tale convinzione che, il 3 dicembre dello scorso anno, i Campioni d'Europa, per un eccesso di coerenza, rischiarono di non arrivare in tempo a Pamplona, per la sfida con l'Osasuna, a causa di uno sciopero selvaggio indetto dai controllori di volo iberici. Solo una lunga rincorsa, tra treni veloci e bus navetta, consentirono a e compagni di evitare la sconfitta a tavolino, nonostante l'arrivo al «Reyno de Navarra» con una buona mezzoretta di ritardo. Il , comunque, rappresenta un'assoluta eccezione nel panorama spagnolo, visto che praticamente tutte le altre squadre, ad iniziare dal Real Madrid di Mourinho, impongono, salvo casi eccezionali, le mal digerite concentraciones alla vigilia delle partite, tanto in occasione delle sfide domestiche come in quelle lontane dalle mura amiche. Non a caso, ha fatto notizia la rinuncia da parte dello Special One al consueto ritiro prima della prossima partita di Siviglia.

 In Germania c’è l’obbligo di pernottare dove si gioca -  Diciassette trasferte sono in calendario in una stagione della Bundesliga. Fin dalle origini, la squadra ospite deve pernottare nella à o nei dintorni dello stadio dei padroni di casa, ma l’applicazione della regola è lasciata in genere alla discrezionalità dell’allenatore degli ospiti. «L’obbligo, per scongiurare il maltempo o il traffico, dovrebbe valere quando la distanza tra i due club supera i cento chilometri - spiega Dirk Mesch, responsabile comunicazione del Bayer Leverkusen - ma quando noi giochiamo il derby a Colonia partiamo naturalmente il giorno stesso della partita». Colonia e Leverkusen sono à dirimpettaie sul Reno. Per andarci basta attraversare uno dei tanti ponti che le collegano. «Il viaggio di andata e ritorno nello stesso giorno vale anche per la nostra trasferta a Moenchengladbach che è poco lontana». Sulle brevi distanze le squadre si muovono sul pulmann con lo stemma della società. La tradizione vuole che l’ingresso in casa degli avversari avvenga con la propria «carrozza». Sulle lunghe distanze ci si muove in aereo o in treno (...) Tuttavia, per l’ultimo tratto dall’aeroporto o dalla stazione allo stadio, si usa il pullman sociale, inviato appositamente sul posto per orgoglio di bandiera. Per i ritiri pre-partita resiste la norma del pernottamento collettivo in albergo. «Con qualche strappo alla regola per premiare la squadra» racconta Mesch. «Le squadre in trasferta hanno diritto per i propri tifosi al 10 per cento della capienza dello stadio - dice Kay Langendorff, portavoce della Lega Pro - ma l’intero incasso appartiene alla società ospitante, senza alcuna decurtazione a favore degli ospiti»