Questo calcio non ci piace

10/11/2011 alle 10:05.

IL ROMANISTA (C. FOTIA) - Per noi de Il Romanista, lo ricordava ieri Stefano Romita, questa sentenza su Calciopoli - ferma restando la provvisorietà del giudizio fino a sentenza definitiva - ha il gusto un po’ amaro di una vittoria tardiva, giunta quando ormai i pozzi sono stati avvelenati, le ingiustizie non risarcite e coloro che le avevano denunciate in solitudine hanno dovuto pagare il prezzo dell’esilio.

Ormai sono due sentenze, una della giustizia sportiva, l’altra di quella penale, a dirci che nel calcio esisteva "Un’associazione a delinquere" (termine usato per la prima volta da Franco Sensi, che per quella frase fu condannato da una giustizia sportiva solerte solo contro di lui) che truccava non le singole partite, ma interi campionati, e che a capo di quest’associazione c’era il signor Luciano Moggi, detto anche, come da biografia, "Lucky Luciano" (soprannome preso in prestito dal boss mafioso italo-americano). Nel ricordare la battaglia svolta da questo giornale, insieme a Franco Sensi, Franco Baldini, Zdenek Zeman, non vi è alcun compiacimento personale. Allora facevo il Vicedirettore de La 7 e questo giornale era diretto da Riccardo Luna che ingaggiò una battaglia durissima e sacrosanta, precedendo l’esplosione di calciopoli, nella totale indifferenza della grande stampa sportiva. Il merito è suo, di Francesco Campanella, Daniele Lo Monaco, Tonino Cagnucci e di tutta la redazione. A chi oggi ci definisce un foglio «ultrà» che «sobilla le curve» (cosa della quale risponderà nelle sedi opportune) consiglio la lettura della collezione di questo giornale 2005/2006 per scoprire come si fa del buon giornalismo d’inchiesta, precedendo le inchieste giudiziarie e non accodandovisi. Titoli secchi come staffilate, "Viva Baldini", "Cacciamoli via", "Il Caimano". Editoriali, denunce, inchieste, interviste (persino una a Luciano Moggi che ripubblichiamo nelle pagine interne).

Una battaglia che fu condotta in prima persona dalla Roma, con le denunce di Franco Sensi che abbiamo ricordato, quelle di Zeman sul doping (l’altro grande scandalo in cui fu coinvolta la ), lo scontro frontale tra Baldini e Moggi. A un certo punto, qualcosa si ruppe, la Roma ripiegò, Baldini lasciò, la battaglia di questo giornale divenne ancora più solitaria. Nel frattempo lo scandalo era esploso, ma il bisturi non andò mai fino in fondo. Il male non fu estirpato alla radice, e oggi possiamo dire che è tutto un decennio del calcio italiano a essere stato manomesso. Ma, fino alla sentenza di ieri l’altro, chi lo ha continuato a denunciare, nel perfetto mondo alla rovescia che è questo paese, era accusato di essere un vittimista, un giustizialista, un demagogo. I protagonisti di quella stagione sono ancor oggi accolti come eroi in certi programmi tv e chi non ci sta viene esposto al pubblico ludibrio: è accaduto a me, per aver abbandonato una trasmissione in cui c’era Luciano Moggi . E da quel giorno, sono cominciati certi attacchi… Il processo appena concluso a è stato tutto una generale chiamata in correo, come se «Il così fan tutti» usato dalla difesa del principale imputato, la diffusione di intercettazioni che coinvolgono anche l’Inter, potessero assolvere gli ideatori del sistema. Il fatto che nella cupola ci fossero anche altri non assolve nessuno.

Francamente è ridicolo, su questo e solo su questo diamo ragione a Moggi, vedere la prendere le distanze da quelli che al tempo erano i suoi massimi dirigenti: qualcuno vuole farci credere che agivano "all’insaputa" degli azionisti? Solo nel paese fantastico che è l’Italia, può accadere che uno ti regali una casa o ti paghi l’affitto a tua "insaputa", e un altro ti compri uno scudetto, ma sempre a tua "insaputa"Una volta Baldini paragonò Moggi a Behemoth, il gatto parlante che nel romanzo di Michail Bulgakov "Il Maestro e Margherita", fa l’assistente di Satana. Baldini gli stava facendo un complimento, accostandolo alla grandiosa e potente bestia biblica, da cui lo scrittore russo aveva preso il nome. Lui gli rispose con una battuta da avanspettacolo: "Vieni avanti, cretino". Spero non ci capiti la stessa sorte se diciamo che oggi ci sembrano tutti Alice nel paese delle meraviglie. I signori condannati, oltre a Moggi e Giraudo, i Lotito, i Della Valle, i Foti, i Meani. I signori che prendono le distanze come gli Agnelli e rivorrebbero indietro gli scudetti conquistati con la frode. Il signor Moratti che si tiene stretto uno scudetto di cartone solo in nome della prescrizione del reato. A noi piacerebbe dire che il calcio di oggi è un’altra cosa, ma purtroppo non è così. Corruzione e malcostume non sono stati affatto sconfitti, come dimostra la recente vicenda del calcio scommesse. Quanto alla correttezza e alla lealtà, solo in un paese come l’Italia la giustizia sportiva non apre un’indagine su una partita taroccata davanti agli occhi di milioni di telespettatori, quale fu Lazio-Inter due stagioni fa. (A proposito, se la giustizia fosse celere con i potenti come lo è verso i poveri cristi, avremmo un Lotito "daspato"/godimento assicurato) Il nostro calcio è malato, come il paese: è gerontocratico, arcaico, preda di caste, cricche, corporazioni, governato da stupide e immutabili burocrazie. Tutto questo, se invece che isolarla, si fosse condivisa allora la battaglia culturale della Roma e di questo giornale, forse sarebbe potuto cambiare. Ma non è mai troppo tardi. Baldini is back. E noi siamo ancora qui. In piena rivoluzione romanista.