Luis Enrique: «Roma non sono un marziano»

05/11/2011 alle 09:57.

CORSERA (L. VALDISERRI) - Non si sente un marziano, pensa che prima di comprare qualcuno si debba vendere e vede una squadra che ha i numeri giusti per essere da alta classifica e non lo è per errori individuali e mancanza di concretezza. La vigilia di Novara-Roma è piena di tracce sul cammino di Luis Enrique, che continua sulla strada del gioco e

La vigilia di Novara-Roma è piena di tracce sul cammino di Luis Enrique, che continua sulla strada del gioco e non si fa trascinare su quello della filosofia. Il progetto c'è ed è bellissimo, ma va corroborato con i risultati o tutto sarà inutile. Si lavora per il futuro, ma la vittoria serve subito.

L'asturiano toglie subito di mezzo il primo possibile alibi: il campo sintetico del Novara: «So che c'è una percentuale di erba naturale e una di erba artificiale, non dovrebbe essere un problema. Succederà a tutte le squadre, in ogni caso non deve essere una scusa». La sconfitta con il Milan ha lasciato il segno? «Quando perdi devi fare ancora di più, perché quello che hai fatto non è stato sufficiente. Bisogna essere più concentrati, pensare a cosa non va e a come cambiarla, prima nel particolare e poi come squadra». 

Luis Enrique respinge al mittente anche l'idea che questa sia una squadra troppo giovane: «Questa non è una squadra inesperta. Sono contento della mia squadra e cerco di farla migliorare ogni settimana. Manca il controllo delle due aree, ne ho parlato dopo la sconfitta con il Milan. Subiamo gol per errori di distrazione e non abbiamo ancora la giusta cattiveria quando siamo nell'area avversaria. Quello che vedo in campo, però, mi fa essere fiducioso. Inizio a vedere azioni e movimenti che mi piacciono. Non mi piace il risultato, se è quello delle ultime due partite, ma se guardo i dati di possesso palla, percentuale di passaggi riusciti, pressing alto vedo che sono i dati di una squadra di alta classifica. Dobbiamo lavorare per ridurre le possibilità degli avversari: ora, pur facendo poco, riescono spesso a farci male. Manca tanto, ma non ho mai visto la mia squadra inferiore, se si esclude la partita con il Milan. Se continueremo a sbagliare, è chiaro che saremo lontani dalla vetta della classifica. Ma se saremo più concentrati e cattivi nell'area avversaria, magari iniziamo a vincere e non ci fermiamo più. Nel calcio non si sa mai. Un anno Spalletti iniziò male e poi fece undici vittorie consecutive...».

Non torna indietro sul gioco, non chiede nuovi giocatori. Semmai il contrario: «Siamo in troppi, non posso allenare tre squadre da 11 giocatori: prima di farne entrare di nuovi, ne devono uscire. Il mio gioco? Non sono un marziano che vuole fare una cosa diversa. Io vedo tante squadre che fanno un calcio propositivo, magari non esattamente come penso io, ma con un'idea simile. Non chiedo ai miei giocatori di fare una cosa incredibilmente diversa, magari ci sono due o tre varianti rispetto a quello a cui sono abituati, ma nulla di più. Ovviamente devono arrivare i risultati, ma in campo inizio a vedere quello che voglio».

E la cosa più importante è che l'asturiano non chiede tempo, perché sa che agli allenatori non è concesso: «Io lavoro per vincere a Novara. Non penso a gennaio o a giugno, non so neanche se ci sarò. Parlare di progetto è un discorso della società che mi piace, ma io penso solo a vincere più partite possibili».