IL ROMANISTA (V. META) - Leleganza di Lucho. Non lo aveva immaginato così Luis Enrique il suo primo derby sulla panchina della Roma. O forse lo aveva sognato come il primo tempo, una battaglia di nervi illuminata dalla prodezza di Osvaldo e relativa maglietta in onore a Totti. Non aveva messo in conto Tagliavento: rigore, espulsione, pareggio, cambi obbligati e gol oltre il 90, che volendo è la cosa che fa male più di tutto il resto. «No,
sulla panchina della Roma. O forse lo aveva sognato come il primo tempo, una battaglia di nervi illuminata dalla prodezza di Osvaldo e relativa maglietta in onore a Totti. Non aveva messo in conto Tagliavento: rigore, espulsione, pareggio, cambi obbligati e gol oltre il 90, che volendo è la cosa che fa male più di tutto il resto. «No, proprio non me laspettavo - esordisce il tecnico ai microfoni di Sky non senza una risata amara -. È un peccato per noi, per come è andata la partita nel suo complesso: quando credevamo che il pareggio fosse un risultato acquisito e sembrava che i nostri sforzi sarebbero stati ripagati, non abbiamo avuto la fortuna di cui avevamo bisogno».
Non parla di episodi, Luis Enrique. Mai. Preferisce analizzare la prestazione della sua Roma a partire da quei quindici minuti dopo l1-0 in cui pareva si potessero chiudere i giochi e invece qualcosa è mancato: «Senza alcun dubbio dovevamo fare qualcosa di più - ammette -, ma non siamo riusciti a giocare la palla come sappiamo e la Lazio è tornata alla carica, comera normale che fosse dato che aveva un gol da recuperare. Nel primo tempo abbiamo fatto molto bene, con gli inserimenti delle punte e i movimenti della seconda linea, ma dopo il gol abbiamo avuto un quarto dora in cui si doveva fare meglio. Chiaro che per noi questo non è un risultato buono: dobbiamo lavorare ancora. Quando si perde è facile stare a dire che sarebbe stato meglio far giocare questo o quel giocatore, ma io resto convinto di aver fatto le scelte per il bene della squadra. Resto contento dellimpegno dei miei - aggiunge -, la Lazio ha fatto un buon secondo tempo, e specialmente dopo lespulsione ha avuto diverse occasioni. Peccato che sia arrivato quel gol allo scadere».
Si è vista una Roma diversa, che più che il possesso palla ha privilegiato lattacco alla porta: «Direi che è stata una delle chiavi - dice il tecnico- . Noi dovevamo fare ciò che abbiamo fatto nel primo quarto dora, solo che
per tutti e novanta i minuti. Ma siamo in costruzione e non è facile. Quando il pressing della Lazio è stato più rischioso non siamo usciti con la palla come avremmo dovuto». Riferimento agli episodi, dal rigore generoso
a Osvaldo lanciato a rete e inspiegabilmente fermato? Nessuno. Le polemiche con gli aribtri Luis Enrique preferisce lasciarle agli altri. «Non ne parlo mai. È impossibile, perché dalla zona della panchina in cui mi
trovo non vedo niente. È difficile arbitrare e io faccio lallenatore, non larbitro». Leleganza di Lucho
non è buonismo, piuttosto lucidità danalisi: «Noi dobbiamo vedere tranquillamente la partita. Quando si perde è più facile evidenziare gli errori di un calciatore. Noi siamo una squadra e dobbiamo fare tutto insieme,
anche gli errori sono errori di squadra e come tali li dobbiamo valutare. Purtroppo ci sono state due situazioni di cambio su cui non ho potuto fare nulla: unespulsione e un infortunio. Pizarro non era al 100% e non potevo
contare su di lui dallinizio. Quando siamo rimasti in dieci siamo passati al 4-3-2 mantendendo le due punte per andare a vincere la partita, ma con due cambi obbligati su tre, si poteva fare poco».
Visti i risultati della giornata, resta qualche rimpianto per il balzo in classifica che una vittoria avrebbe permesso: «Si certo, ma io non bado alla classifica, quello che conta è giocare bene. Alla classifica penseremo tra qualche mese. E poi io sono già carico per il derby di ritorno»




