
IL TEMPO (G. GIUBILO) - Del peccato di falsa partenza può macchiarsi perfino Usain Bolt, nessuno può consentirsi di metterlo in croce. Ma in questa città umorale, e il discorso non riguarda la folla del'Olimpico, comprensiva e ragio
Si è trovato, il giovane tecnico spagnolo, a delineare e organizzare una formazione con quindici giorni di lavoro, spesso anche meno, alle spalle. Una torre di Babele da erigere con esecutori che parlano linguaggi diversi e che devono abituarsi a guardarsi in faccia per intendersi tra loro. Nella Roma dell'esordio si sono registrate prestazioni deludenti, con attenuanti: la scarsa familiarità di Bojan con un gioco in unusuali spazi dilatati, il ritardo di condizione di Osvaldo che deve adeguarsi a una posizione defilata. Ma segnali incoraggianti vengono da uno straordinario Josè Angel, che purtroppo non ci sarà contro l'Inter, dalla lucida visione di Pjanic. Forse, per toccare tasti meno esaltanti, diciamo che Heinze e Burdisso sono due ottimi centrali, ma non una coppia, come accadeva del resto per Mexes e Juan. Pesati pregi e difetti di questo sfortunato passo di entrata, mi sento del tutto solidale con i nuovi indirizzi e con il loro gestore. Se poi qui a Roma c'è ancora qualche nostalgico del non gioco e dei punti lucrati con il cinismo e con la noia, si accomodi pure, manca soltanto che, per insidiare la panchina di Luis Enrique, compaiano gli spettri di un Sonetti o perfino di un Cavasin. Vi prego, rivolgete al cervello una parola di pace.