IL MESSAGGERO (D. DESARIO) - Di questa Roma a «stelle e strisce» che parla spagnolo, la novità più grande della stagione è la web-cronaca in romanesco. A realizzarla su Facebook, ormai da più di un mese, è Kansas City 1927
Comunque sia Kansas City, almeno lui, ha fatto «go»: la pagina su Facebook è già seguita da quattromila fans. Le web-cronache rimbalzano su Twitter, sugli iPad, sui cellulari e nelle email non solo di Roma e non solo dei romanisti, ma di chiunque è appassionato di calcio. Tutto è iniziato poco dopo Ferragosto, quando è apparsa la pagina sul social network e subito uno strepitoso resoconto della debacle europea con lo Slovan di Bratislava: autoironia romana e romanista, la partita «pane ar pane, vino ar vino» come si dice allombra del Colosseo. Ce nè per tutti. Per lasturiano «Luigi Enrico» e la sua «scucchia». Per Osvaldo soprannominato «Er Cipolla» per via della pettinatura. Per Rosi «uno che da tre anni ogni volta che esce dar campo pensa che sia lultima che gioca co la Roma». Per Okaka che ancora non è «diventato il campioncino che da 25 anni speriamo che sia». E per tutti gli altri: «Anche perché mo come mo anna a vede la Roma, te dà la sensazione de essete imbucato alla festa tua, de gira pei corridoi de casa tua senza riconosce nessuno, e a vedelli che entrano e se scaldano è cosa che emoziona e stranisce». E naturalmente si critica il gioco, quella ragnatela fitta fitta di passaggi che in terra iberica si chiama «tiqui-taca» e che Kansas City ha ribattezzato «chiticaca». Battute strepitose e commenti degni di quel cinismo tutto romano.
Qualche esempio? Il primo tempo di Roma-Cagliari viene sintetizzato così: «Me sto a divertì come a na dimostrazione der Folletto». Seguito da: «Lunico brivido ce lho avuto quanno er bibbitaro non me stava a dà e resto». Piace così tanto che alla fine ha dovuto parlare anche delle altre squadre in una rubrica a parte - «E vite dellaltri» - dove commenta «Linte», la «Lazzio» e «Latalanta». «Una satira fortemente autoironica, a volte autolesionista, soprattutto romanista, con ingerenze yankee e inflessioni spagnole», scrive il vignettista Bobo Artefatti, uno cresciuto a pane e Trigoria senza rivelare lidentità di Kansas City. «È un genio, è arte allo stato puro»: non ha dubbi il giornalista Roberto Renga. Inevitabile la caccia alluomo. Chi cè dietro Kansas City? Per tutti cè lo zampino di Diego «Zoro» Bianchi. Anche se qualcuno ipotizza una scrittura a quattro mani. Magari con la collaborazione di Johnny Palomba (quello delle «recinzioni cinematografiche») o dellattore Valerio Mastandrea. Oppure, perché no, di un giornalista o di cugino «lazziale». Ma alla fine che importa chi cè dietro. Limportante è che Kansas City vince, convince e soprattutto diverte. Almeno lui.