Caos Totti: "Vanitoso così uccide la Roma"

03/09/2011 alle 11:04.

GASPORT (A. CATAPANO) - Ci aveva mandato fuori strada il romanticismo di quella definizione, l'immagine poetica della «luce del sole sui tetti di Roma al tramonto». Era il 10 giugno. Ma già allora, evidentemente, per tramonto si intendeva non la parte conclusiva della giornata, ma quella terminaledella sua carriera. Oppure in meno di tre mesi qualcosa è cambiato, se Totti nelle parole di Walter Sabatini è retrocesso da «luce» a «caso», da «divinità» a «vanitoso», da «mago» a «mangiallenatori», da «centro del progetto» a «fonte di imbarazzo per i compagni», da «campione intramontabile» a «giocatore che deve imparare a gestirsi».

Appello  E si comprende pure il nobile scopo — che spieghiamo a fianco — che ieri ha mosso : salvare il progetto, salvare la Roma, tutelare Luis Enrique («Che non è infallibile — sottolinea il d.s. —, io ad esempio quel cambio non lo avrei fatto»), tutelare stesso. «Perché anche lui è vittima di questo stallo che ora rischia di far precipitare tutto — spiega il d.s. in una conferenza fiume in cui si dovrebbe parlare del mercato appena concluso («Abbiamo allestito una squadra coerente e competitiva») e invece si prende di petto solo la «triangolazione Baldini-Luis Enrique-» —. Perché per primo deve evitare che di lui si parli come quello che ha mangiato l'ennesimo allenatore. Che la sua storia si riduca a questo. Che passi il concetto che un tecnico non possa sostituirlo senza per questo peccare di lesa maestà».

In crescendo  Ma se davvero voleva fargli solo del bene, forse poteva usare altre parole, oppure evitare che certi concetti col passare dei minuti diventassero pesanti come macigni. « deve accettare le decisioni dell'allenatore, non ci sono intoccabili alla Roma. Deve modulare le sue risposte verso l'allenatore e la squadra in modo diverso». «Gli chiedo uno sforzo straordinario, non possiamo distruggere Luis Enrique, per far venire un altro che poi verrà distrutto a sua volta. L'allenatore deve poter lavorare serenamente, senza che le sue scelte scatenino un processo continuo da cui non si esce più. Anche perché questa situazione intimidisce il resto della squadra». «Le qualità di non si discutono, ma a questo punto della carriera deve pensare a se stesso in modo diverso, può darsi che possa essere più utile alla Roma con 20 partite che con 30. Anche se va in panchina deve sempre avere il sorriso dentro e fuori, in modo da non mettere in imbarazzo i giovani». E poi il gran finale: « deve mettere da parte ogni vanità per aiutare il gruppo, altrimenti il suo caso rischia di uccidere la squadra».

Silenzio e stupore E che dice? lo ha avvertito un'ora prima della conferenza («Gli ho detto che avrei parlato di lui»), poi i due non hanno avuto altri contatti. E non ne avranno, a meno che non sia il d.s. a cercarlo.  vorrebbe che si presentasse in conferenza a sposare pubblicamente il progetto e Luis Enrique, ma non accadrà, non ne ha alcuna intenzione. Preferisce prima rispondere sul campo, alla sua maniera. «Le mie prestazioni — ha confidato agli amici — parleranno per me. Come al solito». Ieri ha capito il senso delle dichiarazioni di , ma dopo un'estate in cui si è sentito attaccato da tutte le parti, si è chiesto, banalmente: «Perché devo andarci di mezzo sempre io?».