CORSPORT (P. TORRI) - Peggio non poteva cominciare. Essere eliminati dallo Slovan Bratislava, oh lo Slovan Bratislava, è forse il punto più basso della storia europea della Roma. E vero ci sono i sette gol di Manchester, ma lì si giocava un quarto di finale di Champions League, mica un play-off di Europa League. Ma, se vogliamo, la clamorosa eliminazione dalla coppa di consolazione
Anche se non ci si può dimenticare dellentusiasmo e dellapprovazione con cui buona parte della tifoseria ha accolto larrivo dellasturiano. Capace, però, in un mese e mezzo, di dilapidare tutto il credito con cui era stato accolto. E non è soltanto una questione di Totti. E che sia allandata che al ritorno, contro lo Slovan Bratislava, Luis Enrique non ha messo in campo la formazione migliore possibile. [...]
La sindrome Tassotti. Diciassette anni dopo. Mondiali americani, Italia-Spagna, gomitata del difensore italiano sul volto di Luis Enrique. Potrà sembrare paradossale, ma cè anche questo alla base della rottura, perché di rottura si deve parlare, tra il tecnico e Francesco Totti, prima sistemato in panchina a Bratislava, poi sostituito giovedì sera allOlimpico. Risultato: Roma fuori dallEuropa, al centro di un putiferio e una situazione tra tecnico e capitano che al momento sembra davvero senza ritorno.
RETROSCENA UNO - La sindrome Tassotti, dicevamo. E riesplosa in una notte valenciana, dodici agosto scorso, la Roma incassa tre pappine al « Mestalla » . [...]
Il punto è che Lucho quella sera si è imbufalito. Non tanto per la prestazione di Totti (e Borriello) che a suo giudizio non era stata allaltezza di quello che gli aveva chiesto, ma soprattutto per latteggiamento tenuto in campo dal capitano giallorosso. In particolare nel secondo tempo: un abbozzo di testata a un avversario, una sbracciata a un altro, un litigio con alcuni panchinari del Valencia quando stava per calciare un angolo, tutti episodi che hanno mandato su tutte le furie il tecnico spagnolo, « non posso sopportare che un mio giocatore si comporti così » , così si era sfogato con i dirigenti. La sindrome Tassotti, appunto. A Valencia, dunque, è cominciato il problema, ingigantito dalla panchina di Totti (e Borriello) a Bratislava, esploso definitivamente giovedì sera con il capitano sostituito a poco più di un quarto dora dalla fine con Stefano Okaka.
RETROSCENA DUE - Cè anche dellaltro. Perché lo stato danimo di Luis Enrique è, pure, quello del suo staff. Orfano ormai da qualche tempo di De La Pena tornato a Barcellona non tanto per problemi famigliari, quanto perché venendo a Roma si era immaginato un ruolo da vice direttore sportivo piuttosto che da vice allenatore come invece ha dovuto prendere atto decidendo, a quel punto, che sarebbe stato meglio tornare a casa. Cè stato, in tempi recentissimi, uno dei collaboratori di Lucho (che non lavora a Trigoria) che in una chiacchierata con alcuni giornalisti spagnoli, ha detto chiaro e tondo che Luis Enrique non è tipo da mezze misure, cioè o si fa come dice lui, oppure potrebbe pure prendere la decisione di mollare tutto. Chiacchierata di cui è venuta a conoscenza anche la dirigenza romanista.
CONFRONTO - Non cè stato. Né dopo la partita con lo Slovan, tanto meno ieri a Trigoria. Del resto Totti aveva parlato con lallenatore dopo la gara dandata, quando era rimasto in panchina per una settantina di minuti. Luis Enrique gli aveva spiegato le sue ragioni, il capitano giallorosso aveva ascoltato, incassato ma anche capito poco. Stavolta non cè stata nessuna richiesta di un confronto. Tanto meno lo ha fatto il tecnico. Che, ieri, prima dellallenamento, ha parlato per cinque minuti a tutta la squadra. Spiegando come una sconfitta non può avere la forza di cambiare un progetto appena cominciato, invitando i giocatori a continuare a crederci e a non mollare. Nessuno dei giocatori ha replicato, figuratevi Totti. Che, ci sbaglieremo, ha deciso di fare come il cinese, sistemandosi sulla riva del fiume.