Sotto processo

27/08/2011 alle 11:30.

IL TEMPO (A. AUSTINI) - Falsa partenza, come accade ormai da tre anni consecutivi. Ma stavolta fa più male: la Roma è fuori dall'Europa e ha iniziato nel modo peggiore un progetto che promette meraviglie. Con appena due partite ufficiali alle spalle, l'aria attorno alla squadra è irrespirabile. Per non parlare dell'allenatore: Luis Enrique è già sul patibolo,

Con appena due partite ufficiali alle spalle, l'aria attorno alla squadra è irrespirabile. Per non parlare dell'allenatore: Luis Enrique è già sul patibolo, l'ambiente inferocito chiede la sua testa e invoca , mentre la società gli fa da scudo. La Roma andrà avanti con lui, su questo non c'è dubbio. Qualcosa, però, va cambiato in fretta. A cominciare dalla gestione del caso , una bomba ormai deflagrata dopo la sostituzione di giovedì, contestata dall'Olimpico all'unisono. DiBenedetto e le sue «emanazioni» Baldini e si sono confrontati con l'allenatore.

Il presidente in pectore lo ha fatto ieri pomeriggio a Trigoria, ribadendo la piena fiducia a Luis Enrique che mantiene autonomia nelle scelte. Stesso concetto espresso in un'intervista a Sky registrata ieri: « è un grande giocatore - dice Tom - ma Luis Enrique è libero di fare le sue scelte. Il nostro progetto va avanti così, se non darà i suoi frutti vedremo in futuro se cambiare qualcosa». Baldini ha telefonato al tecnico subito dopo la partita e di nuovo ieri. Il futuro , che a Trigoria non può arrivare prima di ottobre (altro bel problema...), condivide la filosofia di Luis Enrique che valuta gli allenamenti come se fossero una partita e non vuole fare differenze all'interno del gruppo.

Quindi il cambio -Okaka, di per sé, ci poteva stare ma non in una partita senza altri leader in campo, ad eccezione di Burdisso, e con troppi ragazzini che senza guida si sono sentiti smarriti e hanno accusato il colpo di uno stadio improvvisamente avvelenato: questo ieri lo hanno metabolizzato tutti, dai dirigenti al tecnico. La società resta convinta di avere tra le mani un ottimo allenatore ma ora si aspetta che si adatti in fretta a un mondo diverso da quello dove ha vissuto finora, smussando qualche angolo del suo carattere di ferro. Anche nelle interviste: Luis Enrique è stato invitato a spiegare le sue scelte, argomentando il «comando io» che lo ha già reso antipatico.

Non è arrivato però il chiarimento auspicato da . Il capitano giovedì notte è rimasto nello spogliatoio fino all'arrivo dell'allenatore e di , ieri ha fatto lo stesso ascoltando insieme ai compagni la «ramanzina» di Luis Enrique a Trigoria. Ma tra i due non c'è stato un faccia a faccia, come quello il giorno dopo l'esclusione di Bratislava. , come il 99% dei romanisti, non si spiega la sostituzione e un trattamento così brusco e vuole capire quanto realmente si punti su di lui. Più che dall'allenatore, il capitano aspetta di sentirsi ribadire la fiducia da Baldini. Il confronto tra i due non c'è stato e non è in programma.

I problemi della Roma non finiscono qui. La programmazione è partita in ritardo, mancano ancora almeno tre acquisti e aumentano gli infortuni. Già tre gli stop muscolari - a Pizarro e Greco si è aggiunto Cicinho - oltre al «mistero» Juan e un Lamela arrivato con una caviglia malandata e che difficilmente sarà pronto prima di metà settembre. L'uscita dall'Europa League alleggerisce il calendario ma al tempo stesso costringe il tecnico a gestire una rosa extra-large con meno partite a disposizione. «Adesso siamo tanti ma giocheremo solo la domenica» hanno sottolineato Perrotta e Burdisso dopo il flop europeo. Per non parlare degli effetti sul ranking europeo, sul blasone e l'impossibilità di esportare il marchio-Roma fuori dai confini come è nelle intenzioni della società. DiBenedetto continua a credere nel suo progetto ma di certo sperava in un inizio migliore. Visto il rinvio del campionato, accolto come una manna dal cielo, oggi raggiungerà il figlio a Reggio Emilia e domenica rientrerà negli States. Lo rivedremo a metà settembre: tornerà per essere eletto presidente e assistere alla gara di San Siro con l'Inter del 18. Quel giorno vorrebbe vedere una Roma vera.