
LA REPUBBLICA (E. AUDISIO) - Capita che un uomo, anzi un professionista, rientri nel calcio italiano dopo sei anni. Non è stato su Marte, ma in Spagna e in Inghilterra, in paesi dove il calcio diverte,
Capita anche che Baldini dica che Totti, giocatore e bandiera della Roma, abbia ancora davanti quattro-cinque anni di grande carriera, se sarà meno pigro e vigilerà su chi usa e sfrutta il suo nome, spesso a sua insaputa. Una dichiarazione a favore di Totti, non di esclusione. Due righe su centocinquanta. E in più con un invito, molto personale, a non essere indulgenti con se stessi, a diffidare della facile convivenza con le nostre debolezze, a non perdonarci sempre tutto, nella convinzione che cambiare sia impossibile, per cui meglio accettare difetti e sbagli, senza mai provare a sforzarsi a fare la cosa giusta e magari più difficile. Ma il tam-tam di radio, tv, giornali, del mondo del calcio si concentra solo sulle due righe. Il dramma shakespeariano sembra diventare: Totti è pigro o non è pigro? E sottointeso: cosa avrà voluto dire Baldini? Come se Baldini non avesse già detto abbastanza. Allora altre paginate: su Totti che si adombra, che si sente ingiustamente accusato, la moglie Ilary che lo scagiona su una rivista, i tifosi della Roma che si sentono sminuiti da gladiatori a oziosi, lipotesi di un complotto. Nessuno che tiri fuori Oblomov, però il tema per settimane e settimane resta la pigrizia. Intanto ci sono le sentenze per il nuovo scandalo scommesse, nuova perdita di credibilità del campionato, strascichi giudiziari, i calciatori italiani minacciano lo sciopero, quelli spagnoli lo fanno, la crisi economica impone tagli, vendite, trasferimenti in altri tempi impensabili. Ma il problema resta quanto e come è pigro Totti? Lui, non noi. Non questo calcio, non questo ambiente
che si siede su due righe per non vedere, per non cambiare, per non pensare, per non fare niente. E soprattutto così pigro da non muoversi verso il futuro.