IL ROMANISTA (G. DELL'ARTRI) - Tecnologia sì, ma senza dimenticare le metodologie dallenamento che da sempre hanno dato buoni frutti. E un po questa lidea di lavoro di Franco Tancredi, oggi preparatore dei portieri della nazionale inglese. Oggi, ma forse non ancora per molto. Perché il numero uno della Roma del secondo scudetto potrebbe tornare nella Capitale
E non è un caso che proprio ora i tempi sembrino maturi per un suo ritorno a qualche anno di distanza dalle incomprensioni avute con i tifosi. Tancredi che da Giulianova era partito per diventare grande a Roma e che ora è di casa a Wembley. Tancredi che però stravede per un olandese, per Maarten Stekelenburg che gli piacerebbe tanto allenare, magari proprio qui, a casa sua. Come? Dei metodi di allenamento di ieri, di oggi e del futuro, Tancredi ha parlato proprio ieri allAnsa, spiegando: «Spesso uso i palloni da rugby perché hanno unimprevedibilità nel rimbalzo che affina la reattività. Poi ci sono le tecniche con i palloni numerati o colorati. La psicocinetica migliora la capacità di anticipazione e reazione del portiere». Insomma, luomo che negli anni '80 parava i rigori come pochi non rifiuta di affidarsi alle nuove tecniche per migliorare i portieri di oggi, atleti che hanno fisici diversi da quelli di 30 anni fa e che hanno a che fare con palloni molti diversi da quelli di allora. Tecnologia sì, ma con giudizio. Qualche riserva Tancredi ce lha sulla macchina sparapalloni, che molti club utilizzano per allenare i portieri con missili che arrivano fino a 140 chilometri orari: «Ben venga, ma è importante anche lallenamento classico. La macchina non può imitare la spontaneità del movimento della gamba quando prepara il tiro, un movimento che il portiere deve imparare a "leggere"». E lui sì che sapeva leggere.