Diritti tv, signori si cambia. La legge

30/06/2011 alle 11:22.

FINANZA & MERCATI (M. NICOLELLO) - L'accordo definitivo sulla modalità di spartizione dei diritti tv delle squadre di serie A slitta alla prossima settimana. Sembra che la soluzione dovrà passare da una modifica della legge Melandri-Gentiloni a partire dal 2012



La modifica che è in discussione per il periodo post 2012, prevederebbe una prima fase in cui si ridurrebbe il peso dei bacini d’utenza dal 30 al 21%, fino alla loro completa eliminazione. In questo modo un 40% dei ricavati dei diritti tv andrebbe diviso in parti uguali e il restante 60% in base a criteri meritocratici. La Legge Melandri, stabilendo il passaggio dalla contrattazione individuale alla collettiva dei diritti televisivi, aveva chiarito i criteri di ripartizione dell’importo complessivo (790 milioni di euro) tra i 20 club della SerieA. La spaccatura in seno alla Lega è avvenuta proprio sulla ripartizione dei 197 milioni (il 25% della torta, al netto del 5% legato agli abitanti del comune sul quale è filato tutto liscio) che derivano dal bacino d’utenza. Più di due mesi fa, il 15 aprile, l’assemblea di Lega ha assegnato a maggioranza (15 contro 5) le ricerche sui bacini di utenza a tre istituti demoscopici (Doxa, FullSix-Crespi e Sport+Markt), definendo precisi parametri: a essere contati non sono soltanto i tifosi della squadra del cuore, ma anche gli appassionati che sostengono una seconda squadra, e gli ascolti televisivi. Seguendo questo criterio emerge in maniera evidente come a perdere siano i grandi club, a guadagnarci le squadre medio-piccole. Nello specifico, con i criteri attuali di ripartizione la passerebbe dagli 88milioni del 2009-2010 ai 75,1 del 2010-2011, con una riduzione quindi di 12,9 milioni pari al 14,7 per cento. L’Inter e il Milan incasserebbero rispettivamente 72,3 milioni e 71,3 milioni, contro i precedenti 80 milioni. I nerazzurri perderebbero quindi il 9,6% ,mentre per i rossoneri la riduzione sarebbe del 10,9 per cento. Tutti gli altri club troverebbero invece giovamento dalle nuove norme. Solo per fare qualche esempio. La Roma passerebbe da 51 a 58,7 milioni (più 15,1%), il  da 42 a 50,5 milioni (più 20,2%). E pensare che anche queste due squadre si erano opposte alla decisione assunta dall’assemblea. Per il resto la Lazio passerebbe da 34 a 46,7milioni (più 37,3%), la da 35 a 41,7 milioni (più 19,1%) e il Palermo da 31 a 38,3 milioni (più 23,5%). Cosa significano queste cifre? Innanzitutto che i grandi club avranno meno risorse per la loro gestione. Il che si dovrebbe ripercuotere essenzialmente in una minore capacità di corrispondere rilevanti ingaggi ai calciatori. Quindi meno possibilità di accaparrarsi i migliori giocatori e ovvie ripercussioni anche sulla competitività internazionale. Attenzione, non sono soltanto quei 10-13 milioni in meno che fanno la differenza, certamente però la riduzione si farà sentire. Considerando che per vincere all’estero occorre avere in rosa i più forti, l’unica via per riuscire a corrispondere gli emolumenti desiderati è aumentare gli altri ricavi. Una strada al momento difficile, vista l’assenza di stadi di proprietà e la difficoltà nel riuscire a spuntare in questi periodi di magra elevati introiti dagli sponsor.